Flaminia, una top 7 alla scoperta di “Komorebi”

La songwriter torinese Flaminia ha esordito con l’EP “Komorebi” pubblicato ad aprile per Costello’s / Artist First. Komorebi è una di quelle parole giapponesi che esprimono un’immagine che non si può tradurre con un solo vocabolo. Il “Komorebi” è la luce che filtra attraverso gli alberi.
Il nuovo giorno che si presenta, la scena di un film apocalittico che mostra il day after, quando tutto è successo e il mondo è pronto a ripartire.
L’EP di Flaminia è un viaggio denso e delicato attraverso sei tracce costruite intorno al contrasto e allo scambio tra il calore della voce della giovane cantautrice torinese e l’elettronica di Paolo Caruccio, produttore dell’album.
Sei canzoni fiorite su un terreno concimato da un passato sepolto“.

Per scoprire il background musicale della giovane songwriter abbiamo ripercorso con lei 7 canzoni che ne hanno segnato percorso e ispirazioni.

Lali Puna – “Remember”
Devo ammettere che dalla prima volta in cui ho ascoltato “Faking the books” di Lali Puna sono rimasta vittima della loro elettronica, che definirei quasi mistica. I campioni di voci ostinate per quasi tutto l’intero pezzo, hanno il potere di un Mantra. Ho preso spunto da queste oniriche sospensioni elettroniche soprattutto per “Stai con me”.
RY X – “Bound”
RY X ha decisamente un potere ipnotico su di me. Sono andata ad ascoltare un suo concerto al Barbican Centre di Londra e credo di esser finita in un’altra dimensione. La sua è una musica che culla. Il sound elettronico è cupo, malinconico, ma allo stesso tempo ti invita a lasciarti andare. Spesso i testi di “Komorebi” parlano di temi non prettamente leggeri, legati ad esperienze difficili e percorsi a ostacoli, gli arrangiamenti però invertono il tutto. Volevo ci fosse questo contrasto. Voglio poter raccontare le sfumature più scure lasciando che il mio corpo si senta libero di muoversi, di ballare.
Sevdaliza – “Lamp Lady”
Struggente, passionale, intensa.Amo il suo modo di usare la sua voce come un vero e proprio strumento. Sussurrata, tremante, entra apparentemente in modo sottile per poi sconvolgerti e catapultarti in un mondo quasi dispotico, in un costante conflitto tra speranza e paura. Mi ritrovo in questa dualità.
SOPHIE – “Is It Cold In The Water”

Per l’ultimo pezzo dell’EP, “Virginia”, volevo suscitare emozioni forti, anche contraddittorie. Virginia è la fine di un percorso che porta alla resa. Questa resa all’ultimo si trasforma e sul piatto d’argento viene servita una seconda possibilità, una seconda vita. Volevo rendere l’idea di questa transizione con qualcosa di lirico, sperimentale. Ho attinto molto da questo album, la sua musica persuade, seduce, commuove e alla fine conquista. 
James Blake – “Digital Lion”
La sua intimità melodica punta dritto al cuore. I suoi chorus ripetuti come mantra sembrano provenire dal centro di una cattedrale post-moderna. Le sue emozioni credo si fondano alla perfezione con un apparato sonoro che descrive il prisma di un’inquietudine personale e racchiusa nel sentire di chiunque.Senza dubbio Blake è uno dei miei punti di riferimento musicali più solidi.
Venerus – “Non ti conosco”
Stimo molto Venerus. Ha una sua cifra stilistica, unica, un suo angolo di mondo un po’ surreale in cui mi immagino di camminare scalza, sulle nuvole. Potrebbe cantare in francese, in inglese, poco importa. Quando ascolti la sua musica entri in un universo parallelo. Ha davvero un immaginario incredibile.
Josin – “In the Blank Space”
Ho sempre pensato: ma se Thom Yorke fosse donna come sarebbe? Poi ho scoperto Josin. Delicata e introspettiva. Un’alchimia di elettronica, flussi orchestrali e influenze post rock che catturano e arrivano a cullare. Ho letteralmente consumato il suo ultimo disco.