[LoSpazioBianco] “Oceano Nero”, il Corto Maltese di Bastien Vivès

Amo il vento: il Corto Maltese di Bastien Vivès

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Il primo nel 1992, intervistato da Dominique Petitfaux, si era detto favorevole alla continuazione del suo lavoro – e, infatti, ecco le tre storie rispettose dell’opera del maestro, e forse eccessivamente ossequiose, firmate da Juan Díaz Canales e Rubén Pellejero. La seconda, Managing Director di Cong, ha spiegato la necessità di creare un prodotto indipendente e autonomo, che possa avvicinare un pubblico nuovo, giovane, al personaggio.

Da qui, dunque, nasce il volume Corto Maltese: Oceano Nero, affidato ai disegni di Vivès, un autore dal tratto personale e perfettamente definito nel suo essere indefinito e non finito, abituato a lavorare sia su progetti totalmente propri che in collaborazione con altri fumettisti. Artista moderno e contemporaneo, sensibile alla modernità e alla contemporaneità, dà forma a un Corto diverso: si tratta di un giovane con lineamenti leggermente femminili – per ammissione dello stesso Vivès – che e si muove dal Giappone al Sud America, mantenendo la sigaretta in bocca, l’orecchino e i basettoni.
In questa nuova narrazione veste con abiti diversi da quelli classici, si può dire “aggiornati”, calza un cappello con il frontino invece di quello classico da marinaio e quando avanza di notte e sotto la pioggia, talvolta un po’ ingobbito, con una silhouette che a tratti si discosta completamente da quella disegnata da Pratt, sembra avvicinanarsi piuttosto al Bruce Wayne di Batman: Anno Uno che con il cappello nero e il giubbino si muove circospetto per l’East End di  City. In effetti, più di una volta nel  di Oceano Nero sembra di intravedere qualcosa di 

L’anno in cui è ambientata la vicenda è il 2001, i problemi evidenti a livello globale sono il terrorismo e il traffico di droga. Poi, inevitabilmente, il pensiero corre a quanto accaduto a New York l’11 settembre, eventi accennati nel racconto che non diventano fondamentali sebbene contribuiscano a radicarlo in un hic et nunc che diventa riferimento per il lettore di oggi, qualsiasi sia la sua età.

Fatto il lungo preambolo, bisogna affrontare l’elefante nella stanza: c’è Corto Maltese? Meglio ancora, è Corto Maltese?
C’è e lo è,
 magari non sempre perché Quenehen – fortunatamente – non forza nulla e non va a ribadire di continuo che sta scrivendo il personaggio di Pratt, ma c’è e lo è. Per esempio, lo si “sente” a pagina 17, quando dice: “Io amo il vento”; a pagina 33, quando chiede con sarcasmo a chi lo interroga: “Ho la faccia del vecchio fascista?” e ancora a pagina 34, quando afferma: “Non sono mai stato troppo saggio”. Più in generale, scorrendo quasi tutte le battute di dialogo pronunciate dal protagonista, si rintraccia l’incedere aforistico del suo linguaggio che si unisce alle movenze ponderose e allo stesso tempo volitive, come se ogni passo costasse fatica ma avvicinasse alla libertà.

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Più nello specifico, invece, si “sente” Maltese quando s’imbatte in Rasputin, l’amico-nemico, l’eterno ritorno nei fumetti del maestro di Malamocco. Nell’incontro con colui che viene ironicamente definito “l’ultimo dei romantici” arriva la conferma che Corto c’è e non solo perché, nel corso della storia, viaggia alla ricerca dell’avventura conservando il proprio nobile senso di giustizia, ma anche perché dai dialoghi e dal linguaggio corporeo, che testimoniano il rapporto genuino tra i due individui tanto diversi quanto complementari, la sua caratterizzazione esce rafforzata.

Il dessinateur di Parigi, come ha già fatto in passato, imposta le tavole su uno schema di tre strisce, giocando con la gabbia, poiché dispone le vignette fuori asse tra una striscia e l’altra: la prima vignetta della seconda striscia non finisce dove termina quella superiore, ma un po’ più indietro o un po’ più avanti. È uno stratagemma che usano molti disegnatori, per esempio in Bonelli, dato che è utile per conferire dinamismo a una struttura ordinata e per comunicare un senso di rottura dal sempre uguale.
All’interno dei singoli riquadri questa vivacità si evidenzia nel contrappunto di pieni e vuoti, ossia nell’alternarsi tra i grigi, il nero e il bianco, che a volte sembra sospendere nel nulla alcune figure, anch’esse a momenti leggerissime, pronte a sparire da un istante all’altro.

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Forse, allora, anche nell’indeterminatezza più nervosa che onirica del segno di Vivès si percepisce lo spirito di Corto Maltese; quel qualcosa di sfuggente con cui si finisce per fare i conti nelle trame di Pratt, che si incarna negli occhi sottili o chiusi del personaggio, si scorge anche negli sguardi del giovane protagonista di Oceano Nero.

Abbiamo parlato di:
Corto Maltese: Oceano Nero
Martin Quenehen, 
Traduzione di Cecilia Gasparini e Marco Steiner
Cong Edizioni, 2021
168 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,50 €
ISBN: 9782940552375

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