[#tbt] Mickey & The Soul Generation: il groove funk che ha fatto impazzire DJ Shadow

Il cratedigging, l’arte del frugare tra scatoloni di dischi in vinile, è una caccia al tesoro: una ricerca instancabile del brano o dell’album da amore al primo ascolto. Il bello è che la magia della scoperta alla cieca –  spesso e volentieri – colpisce nel segno: il funk perduto dei Mickey & The Soul Generation, band di San Antonio (Texas) attiva tra la fine degli anni sessanta e la prima metà dei settanta, sta vivendo una seconda vita grazie alla voglia matta di vinili e di groove di DJ Shadow. La storia di questo ritrovamento musicale è di quelle fatte di sudore a 33/45 giri: nel 1992 il producer, beatmaker e dj americano (iconica, a proposito di cratedigging, la copertina del suo “Endtroducing…” del 1996) rimane folgorato dal ritmo esplosivo di “Iron Leg”  – pezzo del gruppo texano – mentre maneggia una compilation jazz-funk (chissà, forse “Bag Of Goodies o “The Sound Of Funk Volume 1”). Seguono anni ed anni di ricerche fino a quando nel 1997 DJ Shadow arriva ad inseguire la pista giusta riuscendo a far riunire i vecchi dei compagni di avventura nel 2000 e rendendo possibile la pubblicazione della raccolta “Iron Leg: The Complete Mickey And The Soul Generation” nel 2002 (ristampata nel 2013): tutto il materiale prodotto dai Mickey & The Soul Generation viene finalmente alla luce. Dunque, quando e dove meno te l’aspetti, si può nascondere della musica da (ri)scoprire, ottima nel caso della formazione americana: oltre ai singoli già editi all’epoca dalla GCP e dalla Mr. G di San Antonio (etichette del produttore del gruppo, Manny Guerra) e dalla Maxwell di New York, nella compilation trovano spazio tutte le registrazioni fatte dalla band quando non era in tour suonando di supporto ad artisti come Sam & Dave, Supremes, Clarence Carter e tanti altri. Deep funk: nel cuore un’anima ritmica spiritata alla James Brown (la sequenza di basso di “Iron Leg” – per esempio è dichiaratamente ispirata a quella di “Cold Sweat”) e nelle vene un suono maledettamente folle, oltre il soul. D’altronde dal vivo il gruppo spesso si lasciava andare anche a jam di dieci o quindici minuti, come testimoniato in parte dai pezzi di più lunga durata,“Give everybody some” e “Message from a Black Man”. Il groove era ed è tutto. I Mickey & The Soul Generation (e DJ Shadow che li ha (ri)scoperti) ce lo ricordano ancora una volta.

(Monica Mazzoli)