BRIGID MAE POWER, “Head Above The Water” (Fire Records, 2020)

In tempi bui, cercare la bellezza può essere salvifico.

Lo scrivevo anni fa quando mi imbattei per caso in “The Two Worlds”, secondo disco della cantautrice irlandese.

Lo ribadisco oggi, all’uscita di ““Head Above The Water”, terzo lavoro edito da Fire Records.

Classe cristallina, una voce che si fa strumento, un gruppo di musicisti che disegna trame sonore a sostegno di un folk antico ed intenso.

È un lamento dolce il cantato dell’irlandese, che si fa spazio tra un drumming spazzolato in punta di dita e un organ drone suonato dal marito e produttore del disco Peter Broderick.

Musica antica, senza tempo, incredibilmente coesa ad analizzare le piccole cose, l’amore per le persone, l’amore per la vita, per la terra che ci accoglie ogni giorno.

Non c’è nulla in “Head Above The Water” che suoni posticcio, costruito, anche solamente abbozzato; tutto ha una cura quasi spirituale, materna, un flusso che abbandona il corpo e si disperde nell’aria, nella natura.

Siamo dalle parti di quel folk anglosassone (Anne Briggs, Sandy Danny) soave e celeste ma anche di quel folk ultraterreno raggiunto da pochi (Tim Buckley su tutti).

Ecco, se dovessi descrivere questo disco cercherei di immaginarmi il vento che cerca di contenere delle emozioni.

Immagine più poetica sarebbe difficile da rappresentare.

Musica più vera sarebbe difficile da trovare.

80/100

(Nicola Guerra)