BBV No. 32: FOLLAKZOID, “I” (Sacred Bones, 2019)

In giro da una decina d’anni, dopo gli exploit di “II” (2013) e “III” (2015) e la pubblicazione del 12” con J. Spaceman, i Follakzoid si sono presi un po’ di tempo prima di presentare nuovo materiale. La pausa non è servita solo per tirare il fiato, ma evidentemente alla luce di quello che possiamo considerare dai contenuti di questo nuovo album, è stata necessaria, perché c’era il bisogno di mettere tutto quanto in discussione e provare a trovare una nuova forma per portare avanti il progetto.

Sono molto curioso in effetti di sapere come sarà accolto questo disco. I due LP precedenti avevano consegnato al gruppo una discreta fama, con la conseguenza quasi paradossale di aprire loro gli ascoltatori europei a una dimensione comunque inedita, cioè quella della BYM Records, la casa madre del gruppo di base a Santiago del Cile e di cui fanno parte variamente altri gruppi che hanno ottenuto un riscontro più o meno importante tra gli appassionati al genere psichedelico: Chicos De Nazca, La Hell Gang, Trementina, i più famosi Vuelveteloca e The Holydrug Couple ecc. ecc.

Il groove incredile del suono Follakzoid, propagine di una cultura psych anni settanta e forte di ossessioni kraut-rock, si affermava in breve come musica adatta anche a dimensioni da club o comunque da festival nel format del Primavera Sound e quindi adatto a una platea che richiede suoni accattivanti e una psichedelia che sia soprattutto divertimento più che contemplazione. Che da qui il passaggio a una nuova dimensione come quella che possiamo ascoltare in questo album intitolato “I” e prodotto ancora dal tedesco Atom TM fosse diciamo conseguenziale, ci sta, ma questo non era automatico e il primo ascolto del disco potrà effettivamente spiazzare l’ascoltatore.

“I” (Sacred Bones) è un disco oggetto intanto di una lavorazione completamente differente. In primo luogo adesso i Follakzoid sono un duo, quello storico composto da Diego Lorca e Domingo Garcia-Huidobro; in secondo luogo il disco non è stato registrato in presa diretta o comunque in una sola sessione, ma è stato oggetto di un lavoro di tre mesi e in cui tutte le parti sono state registrate singolarmente. Accorpate poi in quattro lunghi tracciati, queste sono state successivamente manipolate dal producer Atom TM, che non aveva preso in alcun modo parte alle registrazioni precedenti, e tradotte poi nel contenuto dell’album.

Praticamente il lavoro di Atom TM è stato fondamentale. Il suono dei Follakzoid aveva già di suo un carattere geometrico, ma questo qui è stato spinto al suo limite più estremo: le quattro tracce dell’album sono una vera e propria esperienza sensoriale. Lo stato di trance indotto non ha un carattere meditativo oppure che spinge quella che possiamo considerare come contemplazione e/o analisi: è uno stato dove non c’è spazio per l’analisi e la comprensione è un automatismo indotto dalla connessione indotta dal suono e il suo carattere intuitivo tra l’ascoltatore e l’ambiente circostante.

Non ci troviamo effettivamente davanti a un capolavoro, qualcuno lo potrebbe trovare ripetitivo, secondo me invece non lo è affatto, anche se qui non c’è niente che possa ricordare pure solo lontanamente la forma-canzone. Eppure questo qui è proprio uno di quei dischi che sono dedicati a una forma comunque di intrattenimento, come è quella di vivere una esperienza determinata particolare, ma allo stesso tempo per poterne usufruire e godere appieno, hanno bisogno di essere vissuti o comunque ascoltati. Se vi mettete lì e lo ascoltate distrattamente, mentre fate altro, non ha alcun senso. Potrà non piacervi o comunque non essere un fondamentale, ma un’occasione di essere ascoltato tutto di seguito, in cuffia, pure mentre siete soli e vi muovete al buio nella vostra stanza, gliela dovete dare.

72/100

Emiliano D’Aniello