BLACK MIDI, “Schlagenheim” (Rough Trade, 2019)

Il confine tra next big thing e split/fallimento nel music business è da sempre molto sottile: lo dimostrano i gruppi emersi più o meno recentemente in Gran Bretagna – da The Rakes ai Tribes, o cambiando genere i Crystal Castles. Occorre versatilità per adeguarsi a questi tempi intransigenti con le nuove proposte rock.
I londinesi Black Midi si sono costruti nell’ultimo triennio una reputazione di grande live act e dopo la collaborazione con Damo Suzuki dei Can e alcuni singoli promettenti (“BmBmBm”, “Talking Heads”) rilasciano l’album d’esordio “Schlagenheim”, titolo enigmatico e fascinoso come la musica contenuta al suo interno.

La band formata da Geordie Greep (voce e chitarra), Matt Kwasniewski-Kelvin (chitarra e voce), Cameron Picton (basso) e Morgan Simpson (batteria) indirizza su coordinate math-rock le influenze artistiche più disparate. “We wanted to capture the energy of the live performances but we also wanted to capture nuance, detail and shade. It’s dramatic music, filled with tension and with highs and lows” così li descrive Greep in un’intervista per Uncut Magazine. Le nove canzoni – spesso minisuite piene di tecnicismi e cambi di direzione ben studiati, in linea con lo stilema giapponese da cui prende il nome la band – denotano questa libertà espressiva ben canalizzata dall’esperto Dan Carey, già con Franz Ferdinand, Bat For Lashes e da ultimo partner musicale di Kate Tempest.

La prima parte di lavoro offre i brani forse più catchy, dall’incontro tra Fugazi e Led Zeppelin bucolici di “953” al tiro da paura (pensate gli At The Drive che suonano veloci e storti come i Bloc Party) di “Near DT,MI”; “Speedway” è puro concettualismo wave, con i Kraftwerk in retrovia e “Reggae” che distribuisce funk e chitarre noise in un’interpretazione vocale di Greep a metà tra John Lydon e David Thomas. “Western” è un grandioso spartiacque rappresentato da una melodia country-hip hop da primo Beck che vira in un lungo tema, esaltando la sezione ritmica e la poliedricità degli arrangiamenti, con fiati e banjo tra gli arpeggi acustici del duo di chitarristi.

“Schlagenheim” si fonda su temi a cui l’ascoltatore può concedersi dopo numerosi ascolti, come in “Years Ago” e “Of Schlagenheim” pregne di un rock nervoso ma intelligente, la coda di quest’ultima è un treno in perenne rischio di deragliamento, davvero un brano che spacca ed esaltanti come pochi se ne sentono nel rock attuale. “BmBmBm” è una nota di basso rubata ai Jesus Lizard e tratta anche peggio, uscito come primo singolo, così lo è la finale “Ducter” accompagnata da un video che rivela il lato nerd e cartoonistico dei quattro amici della BRIT School.

I Black Midi sono al momento in tour nel Regno Unito e in Europa, il 1° novembre li attende il Club To Club di Torino per la loro unica data italiana: chissà quali sorprese riserveranno, non si escludono nuovi brani vista la loro fertilità creativa.

80/100

(Matteo Maioli)