HELM, “Chemical Flowers” (PAN, 2019)

A torto o a ragione si potrebbe considerare la musica di Luke Younger, aka Helm, fortemente cinematografica. Dipende dai punti di vista e di analisi.

“Chemical Flowers” (2019), ultimo album del sound artist inglese registrato al NO Studio nella campagna dell’Essex, è, però, ben lontano dal concetto di “colonna sonora” : le otto tracce, contenute nel disco, non sono immaginifiche, non narrano, raccontano storie, bensì creano spazi, ambienti sonori partendo dagli scenari quotidiani di una società post-industriale, decadente e in piena crisi.

Se già nel precedente “Olympic Mess” (2015) elementi della routine influenzano l’ispirazione atmosferica dell’architettura dei brani, in questo nuovo lavoro Younger compie un passo in avanti : “organizza” – come in un’orchestra – componenti dalla diversa natura. Le pulsazioni noise, industrial, ambient, le field recordings – manipolate e pur sempre martellanti, cupe – diventano parte di un disegno – “sound design” si potrebbe chiamare – più ampio, sfaccettato e penetrante : le parti d’archi, arrangiate da JG Thirlwell (Foetus / Manorexia / Xordox), vengono inserite nei passaggi nevralgici dello sviluppo dei pezzi e costituiscono la componente di rottura, il climax creativo, la formazione di nuove estensioni sonore.

Alla fine “Chemical Flowers” è un “mondo di suoni” unico, con una vita propria, slegato dal concetto di narrazione ma che comunque si muove lungo coordinate temporali ben definite.
Ad oggi la produzione più riuscita e matura di Luke Younger.

74/100

(Monica Mazzoli)