BILLIE EILISH, “When We All Fall Asleep, Where Do We Go?” (Darkroom, 2019)

E’ difficile, per chi è abituato a scovare novità musicali nei podcast più reconditi del web e su riviste di settore in lingua straniera, accettare che la scoperta un nuovo fenomeno musicale arrivi per mano della radio italiana, che di solito è l’ultima a sapere le cose, come recitava Aldo in Al, John e Jack. Invece probabilmente molti hanno sentito parlare di Billie Eilish grazie a dj come Linus, che per primo rispetto agli altri mass media italiani (cosa che in realtà capita spesso) ha passato sulle frequenze di Radio Deejay Bury a Friend parlando di questa ragazzina  californiana ancora semi sconosciuta dalle nostre parti ma con svariati milioni di followers su Instagram. Perché alla fine, da buoni provinciali quali siamo, a noi interessa prima di tutto il personaggio ed il suo successo sui social rispetto alla musica da lui prodotta, e la storia di una 17enne che dopo aver fatto due canzoni in cameretta con suo fratello arriva in pochissimo tempo alla conquista del mondo non può che incuriosire tutti, dai bambini che ascoltano solo i concorrenti di X Factor ai vecchi punkettoni navigati fino alle tanto odiate radio commerciali generaliste. Ma si può dare un giudizio critico dell’opera prima della Eilish, When We All Fall Asleep, Where Do We Go?, uscito lo scorso 29 marzo, senza pensare a tutto ‘sto contorno romanzato (le date sold out, i meme, l’immagine da dark disagiata, la sindrome di Tourette, le accuse di strumentalizzare la depressione) come se fosse un qualsiasi album di debutto di un gruppo sfigato, senza scetticismo e congetture complottiste sulla sua popolarità? Forse sì, perché oltre la promozione titanica e le mosse di marketing che ci sono state intorno non si può non constatare che sotto questo sostrato melmoso c’è della vera musica, non rivoluzionaria o da strapparsi i capelli, ma comunque un ottimo album pop contemporaneo. Qua dentro c’è TUTTO quello che funziona in questi ultimi anni, composto e prodotto in modo fantasticamente originale e riconoscibile…soprattutto se si pensa che l’han fatto due persone giovanissime in una stanza e non la solista lista di 300 produttori che compaiono nei credits degli album…no cazzo, si sta di nuovo sviando dall’ascolto musicale neutro.

Riproviamoci: cosa piace ad un pubblico giovane e (almeno un minimo) alternativo? Il dark pop di BANKS e Charlie XCX, per esempio, che in questo album scorre potente non solo nel personaggio oscuro che s’è creato la Eilish ma anche nelle ballate piano e voce come When The Party’s Over e Listen Before I Go, che ricordano i pezzi di quell’altra perla pop che è Melodrama di Lorde. C’è l’indie piacione degli ultimi Arctic Monkeys in All The Good Girls Go To Hell, ci sono le raffinatezze di James Blake, c’è Wish You Were Gay che sarebbe potuta essere una di quelle canzoni divertenti e sarcastiche che cantava (con un’altra verve) Amy Winehouse in Frank tipo Fuck me Pumps. Per non farsi mancare niente c’è anche un pezzo (8) fatto con uno straminchia di ukulele, l’arma prediletta da ogni millenial che fa le cover su Youtube. Ci sono influenze trap, ovviamente, ma ormai è come dire “ci sono la chitarra e la batteria” in un disco rock del secolo scorso, solo che qui hanno senso e non sono una mossa gratuita. Questi paragoni e riferimenti sono verosimilmente tutte le influenze che ha nel proprio background una ragazza talentuosa come Billie Eilish, e lei è capace di rielaborarli a modo suo con gusto, cantandoci sopra con una flemma vocale ed un timbro basso che è già un piccolo marchio di fabbrica (recuperatevi la sua versione stravolta di Bad di Michael Jackson al più presto per capire di cosa si parla). Si sposano con la sua vocalità delle produzioni intelligenti ed atmosferiche, fatte per sottrazione svuotando lo spazio sonoro e lasciando a terra uno strato di bassi ciccioni, percussioni ed effetti sonori: Bury a Friend e Bad Guy sono l’esempio migliore per capire cosa è capace di fare questa artista, due pezzi talmente ben riusciti da far ricordare a persone ben più autorevoli del sottoscritto, come il critico musicale Anthony Fantano sul suo canale Youtube The Needle Drop, le scelte tanto “malate” quanto geniali che caratterizzano dischi di Kanye West come Yeezus. Insomma, un disco di debutto come dovrebbe essere fatto, mettendo tutte le carte in tavola e vomitando addosso al pubblico più talento ed idee possibili. E poi ha 17 anni oh, chissà che margini di miglioramento impressionanti può avere una ragazzin… ok, quando si parla di lei non si può smettere di pensare al Billie Eilish personaggio con le relative informazioni in stile TG2 Costume e Società, allora basti solo dire che questo disco merita l’attenzione che sta avendo. Siamo nel primo spicchio di 2019 ma è già difficile pensare ad un album che avrà un impatto musicale, visivo e lirico più forte di questo nel resto dell’anno.

80/100

(Stefano D. Ottavio)