Kode9, Cinema Lumière, Pisa, 25 gennaio 2019

Quando arriva Kode9 per Pisa è un piccolo evento. Almeno per la comunità che segue l’avanguardia sonora di cui Steve Goodman e la Hyperdub si fanno portatori da più di un decennio. Un’avanguardia che nel corso degli anni ’10 ha saputo rinnovarsi, ricalibrando l’originaria e così tipica cifra dubstep. Non era semplice considerando la rilevanza che questa etichetta ha acquisito spingendo proprio il segmento dell’hardcore continuum che ha segnato il primo decennio dei Duemila, al punto da diventare il suono di riferimento di una generazione. Kode9 e Hyperdub hanno dunque avuto il merito di continuare a cercare, in direzioni diverse che ne hanno reso più plurale la proposta ma, sia detto senza ritualità, non intaccato la cifra. Ne sono emersi, ad esempio, il pop sofisticato di una Jessy Lanza, che ha rovesciato le tinte fredde prevalenti nel suono Hyperdub in colori caldi e atmosfere soffuse, ma anche la dimensione più notturna ed esotica di una Fatima Al Qadiri, per un verso prossima all’impronta originaria ma infedele per riferimenti e immaginario. È stata però soprattutto la centralità del footwork a marcare con precisione la trasformazione dell’etichetta e della stessa proposta artistica di Kode9. Sì perché il suo è anche un percorso strettamente individuale, non solo il simbolo di una traiettoria collettiva. Un percorso segnato in modo indelebile dalla dipartita del socio storico, The Spaceape, con il quale Goodman ha firmato i primi due album, a metà tra dubstep e il grime particolarmente cerebrale così tipico di Stephen Samuel Gordon. Una cesura che ha dato luogo nel 2015 a un album come “Nothing” il quale, oltre a rappresentare un omaggio per l’amico scomparso l’anno precedente, rappresenta ancora oggi la testimonianza più compiuta della transizione in corso, a fuoco su una proposta quantomai ruvida e amara, imbrigliata in un footwork notturno e riflessivo. Inutile sottolineare, su questo terreno, quanto rilevante sia la ricerca di una figura del genere, in grado di assumere un settore d’avanguardia della cultura hip-hop contemporanea nel quadro dell’elettronica inglese degli ultimi trent’anni oggi che il suono prevalente in questi ambiti sembra debitore di altre influenze, tutte americane, e di altre avanguardie, dall’onnipresente trap di Atlanta alle sperimentazioni di J Dilla.
Di qui la curiosità per un set che avrebbe potuto o meno mostrare un aggiornamento di questo processo evolutivo.

Non prima dell’apertura del duo avant-jazz Now! la cui ricercatezza è stata solo in parte premiata dall’attenzione di un pubblico venuto in gran parte per ballare, e del warm-up di Andrea Mi che ha invece introdotto suoni poi ritrovati, almeno in parte, nel corso della serata: le atmosfere di un ventennio di elettronica inglese classiche nelle sue selezioni. Solo in parte perché Kode9 ha sorpreso con un avvio molto classico e “da pista”, per alcuni versi fuori dal repertorio atteso. Ripresentato in realtà ben presto, nella seconda parte del set, separandosi però in modo molto chiaro dalla tradizione, anche quella che ha contribuito a costruire: alla consueta profondità dei bassi non si sono infatti accompagnati i vecchi beat “step”, almeno in prevalenza, niente o quasi drum’n’bass, jungle e tutto il tradizionale hardcore continuum, ancora notevole invece l’influenza del footwork. La miscellanea è anche qui evidente, perché i loop di voce e le aritmie frenetiche non risultano scheletrici come nelle versioni originarie e più ballabili del genere, strettamente connesso al juke, ma ampliate e inscritte in un universo dubstep e wonky in grado di ampliarne lo spettro musicale anche nel contesto di un sostanziale dj-set. Non siamo, chiaramente, dalle parti di “Nothing”, album difficile e contratto, inservibile in contesti del genere, sebbene l’impasto musicale possa considerarsi il medesimo.

Un set insomma pensato per intrattenere il pubblico arrivato per questo, in una cornice però riflessa e affatto “di risulta”, come talvolta accade nelle date periferiche di questi nomi di un certo peso. Ogni occasione è buona, in effetti, per continuare a cercare.

(Francesco Marchesi)

foto instagram di @reginadelvinavil