Alla scoperta di Lei, (No) Innocence: 7 brani che hanno ispirato “Innocence”

Elettronica ambientale e oscura, field recordings, morbidi tappeti classici tra fragorosi incubi industriali e avvolgenti malinconie lunari. Lei, (No) Innocence è il nuovo intrigante progetto elettronico di Gabriele Chinè Milieri e Giuseppe Cassano, due visionari musicisti adottati da Bologna e cresciuti tra shoegaze ed elettronica.
Per farvi un’idea di “Innocence”, disco d’esordio uscito a dicembre 2018 per A Buzz Supreme/Audioglobe, pensate alle torbide suggestioni sperimentali di Arca e Lotic che rivisitano i Boards of Canada (“Else”, “Nice”, “Prayer”) o a Prurient che destruttura una produzione Warp dei primi anni Zero (“Purple”). Non mancano apnee e silenzi il cui immaginario rievoca William Basinski, archi e deviazioni classiche più dreamy (“Leaves Her”, “Speak Low”), loop e voci flebili e distanti.

“Innocence” è una raccolta di dieci tracce che nascondono un dualismo tra una purezza apparentemente naif e rassicurante di brani curati nel minimo dettaglio, ambiziosi, ricercati e mai derivativi (il master è stato affidato a Matt Colton del londinese Alchemy Mastering) e un’anima lasciva e sensuale. Anche a livello visuale, grazie a un un concept esplicito e pornografico molto artsy e ricercato, a partire dal come primo videoclip che per motivi di policy si sono visti costretti a spostare dai canali convenzionali a Porn Hub, ma anche dal vivo dove vengono proiettati degli spiazzanti super 8 digitalizzati degli anni ’60.
L’artwork, invece, è fatto di scatti editati e rivisitati di Lewis Hine della collezione National Child Labor Committee, dedicati al tema del lavoro di donne e bambine negli Stati Uniti di inizio Ventesimo Secolo.

Per conoscere Lei, (No) Innocence, ci siamo fatti segnalare 7 brani che hanno ispirato le produzioni del duo.

Lepo Sumera, “Piece From The Year 1981” (link)

Compositore estone, morto ancora piuttosto giovane nel 2000. Non ha beneficiato dello stesso successo del conterraneo Arvo Pärt. Tra le sue opere consigliamo soprattutto la Sinfonia N. 6 in cui spicca il dettaglio nell’uso del colore, qualità intrinseca della musica di Sumera, dai risvolti sinestetici. Per questa rubrica abbiamo scelto Piece from the year 1981, per solo piano.

William Basinski, “92982.1” (link)
Le melodie sembrano avere una propria inerzia e sopratutto suonano incredibilmente familiari e allo stesso tempo distanti, aliene. La cosa più affascinante di questo disco è l’organicità e la naturalezza con cui i loop di piano e archi si susseguono. Sembrano avere una loro autonomia, una loro identità: Basinski, come il diavolo, è presente nei dettagli.

Takeshi Kagamifuchi, “Oil” (link)
Batterie scheletriche fatte di glitch e white noise che lasciano spazio a pochissima tonalità, dove il silenzio che taglia i beat ha più importanza nell’economia ritmica del kick stesso. Kagamifuchi dipinge uno scenario che proietta un forte senso di minaccia con pochissimi elementi.

Olivier Messiaen, “Oraison” (link)
Scritto nel 1937 per un ensemble di 6 Ondes Martenot. Moderno, struggente, bellissimo. Tralasciando il valore storico… Verrà poi ripreso nel V movimento del celebre Quatuor pour la fin du temps(1941), composto da Messiaen nel campo di concentramento di Görlitz.

Zbigniew Preisner, “Dekalog I – Part 5” (link)
Colonna sonora del primo film del Decalogo di Kieslowski,”Io sono il Signore tuo Dio. Non avrai altro Dio all’infuori di me”. Il lavoro di Preisner drammatizza ed è complementare alle sceneggiature di Kieslowski, ma più che descrivere la scena, sembra dipingere in musica i moti interiori dell’angelo o “testimone silenzioso”, personaggio noto ai cultori di quest’opera.

Grouper, “Holding” (link)
L’arpeggio di piano, eseguito con uno stile ossessivo e apparentemente infantile, crea una sensazione spiazzante di intimità.

Lotic, “Rewound” (link)