Veltune, i 7 brani che hanno ispirato “Responses”


I Veltune sono in due, prendono forma a Torino nel 2017 a fine maggio hanno pubblicato “Responses” per la label milanese doubledoubleu (Eego, Arua, Vito Gatto, A Safe Shleter, Szlug, FiloQ). Le loro coordinate oscillano tra techno, IDM con deviazioni industrial e suggestioni ambient. Per l’occasione abbiamo parlato con loro delle label che ne hanno ispirato la sonorità, a partire da 7 tracce che descrivono i loro orizzonti elettronici.

Venite da una delle città più legate all’elettronica. Com’è nato il progetto?
Siamo nati e cresciuti a Torino. Ci siamo conosciuti diversi anni fa frequentando i club torinesi attorno ai quali si era costruita una variegata scena di band emergenti: pur appartenendo a gruppi diversi ci si ritrovava spesso a condividere gli stessi palchi, ed era inevitabile che tra musicisti si arrivasse a conoscersi e a crescere musicalmente insieme. Veltune nasce, se vogliamo, dalla volontà di confrontarci con delle sonorità e dei generi che abbiamo sempre amato e ascoltato ma che nei nostri anni di band non abbiamo mai potuto veramente mettere in pratica se non in un modo marginale e subordinato alla forma canzone.

Tre parole chiave che lo descrivono.
Dinamica, Ritualità, Memoria. Lasciamo al lettore (e all’ascoltatore) l’interpretazione.

Quali label contemporanee (in ambito techno e derivati) vi ispirano o credete stiano davvero portando avanti qualcosa di nuovo e significativo oggi?
Sono parecchie, ma tra quelle di cui seguiamo maggiormente le uscite ci sono Whities, L.I.E.S., Ilian tape e Diagonal. Il filo conduttore che lega gran parte dei loro artisti, nelle loro individualità, ci sembra quello di voler andare oltre gli stilemi “classici” della techno, spesso citandoli ma nel tentativo di superarli ad esempio attraverso la commistione con altri generi, la ricerca di nuove possibilità strutturali, l’innovazione da un punto di vista di suoni, o la decostruzione ritmica. Sono tutti concetti di cui teniamo gran conto e su cui ragioniamo anche noi in fase di scrittura, in quanto siamo convinti che ad oggi, vista la saturazione nel mondo dell’elettronica e in particolare delle derivazioni techno, se si vuole mantenere viva l’attenzione nell’ascoltatore riuscire a trovare la propria “voce” sia vitale.

James Holden, “Idiot”


Uno dei pezzi che più abbiamo consumato. Holden qui è geniale nel saper reiterare le poche sequenze melodiche che costruiscono la traccia e il risultato è un’evoluzione costante che culmina in un momento di pienezza per poi tornare a richiudersi e infine svanire. Un capolavoro di strutturazione formale.

SHXCXCHCXSH, “This Hmming Raverie”


Questa è una traccia che ci ha conquistati dopo i primi 3 secondi di ascolto. Degli SHX in generale, e di questo pezzo in particolare, ci piace la bellezza ipnotica dei suoni. Per apprezzare a pieno This Hmming Raverie a nostro parere bisogna addentrarsi nella sua stratificazione sonora lasciandosi guidare dall’unica costante lungo tutta la durata: la linea di basso.

Not Waving, “I know I know I Know”


Un paio di anni fa assistemmo ad un live di Not Waving che influenzò profondamente la nostra voglia di metterci a suonare musica di questo tipo: fu un live coinvolgente, fisico, atmosferico e quasi più post-punk che altro. Benchè nelle nostre produzioni attuali non si percepisca molto di questo artista, la sua musica resta un’ispirazione perché riassume gran parte degli elementi che ritornano spesso nei nostri pezzi, come le distorsioni, i bassi analogici e le linee percussive molto ritmiche. Quello che ha in più la sua musica sono la leggerezza e l’ironia di fondo, mai banale, che trasmette: fare pezzi aggressivi come Me Me Me o Where
are we riuscendo a far emergere contemporaneamente aspetti del genere è qualcosa che può riuscire solo ad un artista di talento come lui.

Mai Mai Mai, “Bassai”

Ciò che ci affascina di Mai Mai Mai è la connotazione concettuale dell’interno progetto che, abbinata alla sua musica oscura, drone e noise, crea qualcosa di davvero potente e suggestivo. Attraverso registrazioni ambientali legate dal filo conduttore del Mediterraneo, catturate tra il sud Italia e la Grecia, sia da lui stesso che da antropologi ed etnomusicologi del passato, Mai Mai Mai crea un percorso sonoro dal quale scaturisce un immaginario fatto di rovine classiche e archeologia industriale, riferimenti continui al mondo arcaico e alle culture del passato e riflessioni sul concetto di abbandono e sul rapporto tra uomo e natura. Il video di Bassai, uno dei pezzi più belli di Mai Mai Mai, riassume perfettamente tutto ciò.
La componente ancestrale e atemporale che può avere la musica è qualcosa a cui teniamo molto anche noi: dal nome del nostro progetto (Veltune è una delle divinità italiche più antiche di cui si abbia ricordo), fino ai titoli delle singole tracce di Responses (tratti dalle massime incise sulla pietra all’oracolo di Delphi) abbiamo voluto legarci, almeno nei riferimenti, a quelle culture del Mediterraneo antico le cui tracce sopravvivono in molti aspetti del presente in cui viviamo.

Lorenzo Senni, “PointillisticT”


Ciò che ci attrae di questa traccia del primo Lorenzo Senni è in qualche modo legato al discorso che abbiamo fatto su Idiot di Holden. Seppure in modo più minimale rispetto a quest’ultimo, la bellezza di PointillisticT sta proprio nella qualità di non stancare mai nonostante vi sia un’unica linea a ripetersi in tutto l’arco del pezzo. È una traccia che richiede un ascolto attivo, in cui all’ascoltatore è richiesto di fare attenzione a tutte le variazioni che vengono progressivamente introdotte.

Helena Hauff, “Gift”


Questa traccia di Helena Hauff è la prova che si può suonare contemporanei anche usando strumenti vecchi di ormai quasi quarant’anni. La Hauff usa per la gran parte drum machine e sintetizzatori analogici degli anni ottanta che nelle mani di molti suonerebbero anacronistici e già largamente sentiti: il modo in cui li programma, il suo innovare guardando indietro alla ricerca di quei suoni sporchi che li contraddistinguono (e che piacciono parecchio anche a noi) dona nuovo fascino e freschezza alle macchine che sì hanno fatto la storia dell’elettronica, ma che sicuramente, e Helena Hauff ne è testimone, hanno ancora parecchio da offrire.

Headless Horseman, “Haunted”


Ritmiche. Headless Horseman è considerato essere uno degli artisti più innovativi nel campo della techno, e su questo ci trovate d’accordo. Il suo punto di forza è sicuramente legato alla costruzione di beat inediti, mai banali: tra tutti quelli che stiamo elencando è forse quello più propriamente techno, ma proprio grazie alla particolarità delle sue linee ritmiche sapremmo riconoscere il sound di Headless Horseman in mezzo a mille altri.