FATHER JOHN MISTY, “God’s Favorite Customer” (Bella Union / [PIAS], 2018)

Ammetto: non mi erano piaciute fino ad ora le prove solista di Father John Misty. Troppo piacione lui, troppo autoreferenziale. Troppo arzigogolato per fare del pop che funzionasse a pieno regime. Questa volta, invece, mi pare sia cambiato qualcosa. “God’s Favorite Customer” ci mostra un Josh Tillman più essenziale e particolarmente concentrato sullo stile di scrittura tendente sempre di più al beatlesiano, al tocco british come se FJM fosse di Londra e non del Maryland. Il risultato è un ricercato connubio tra il suo passato, Badly Drawn Boy, Elton John e il folk americano.

Anzi, il folk è ridotto all’osso, e l’epoca dei Fleet Foxes è decisamente archiviata: questo è il tempo del pop puro e semplice per Father John Misty, e anzi del pop pianistico da cameretta. Il pianoforte è infatti lo strumento principe dell’album e gli 88 tasti i protagonisti del racconto di Tillman che si fa più confidenziale ma meno sicuro di sé. Ci sono dei dubbi, delle incertezze, FJM non è più quello sfrontato crooner a cui eravamo abituati. Ci sono brani che sono da invito timido ad un ballo tête-à-tête (“Please Don’t Die”), da titoli di coda di una bella commedia sentimentale (“Mr. Tillman”) o per rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro (la titletrack), il tutto con un gusto alle volte neutro alle volte più specificatamente seventies (soprattutto nell’utilizzo del piano elettrico), comunque con una classe misurata che non è semplice a trovarsi.

E così, come accade molte volte, da un bagno di umiltà deriva una rinnovata sincerità e dei risultati, in definitiva, più convincenti. Ovviamente, a parere di chi scrive. Mai montarsi la testa, per fortuna Father John Misty l’ha capito.

73/100

(Paolo Bardelli)