ELEANOR FRIEDBERGER, “Rebound” (Frenchkiss, 2018)

Il processo di normalizzazione attuato con “New View” (2016) prende definitivamente forma nel nuovo lavoro della metà dei Fiery Furnaces. Mentre è sempre più chiaro che il fratello Matthew era (e rimane) un nerd smanettone fuori di testa, la gentil sorella Eleanor nei suo quattro album solisti ha rimarcato la volontà di apparire prima di tutto un’ottima cantautrice. Bersaglio miratissimo nell’esordio “Last Summer” (2011) e nel personalissimo (e ispirato) “Personal Record” (2013),  entrambi editi da Merge.

Cosa c’è di bello nel nuovo “Rebound”? La copertina, innanzitutto. Quei colori sgargianti, quella posa plastica con quello spacco in evidenza (bellezza anomala davvero affascinante), che modella un’ idea di pop con profumi 80s oriented. Poi certo, le canzoni: più semplici, più dirette, più sbarazzine, mantengono tutte quell’aura malinconica ormai tipica dello stile della ragazza dell’Illinois.

Manca forse l’azzardo, il gioco delle note che non ti aspetti, l’imprevisto, il guizzo, il colpo di genio. Perché Eleanor ha tantissimo talento, ma la normalizzazione accennata ad inizio recensione sta via via snaturando un eclettismo che era proprio un marchio di fabbrica, presente forse più nei geni del fratello. Insomma un disco piacevolissimo, elegante e sornione, che scorre fresco come un gelato in un arida giornata d’estate.

Per il getto d’acqua gelata dovremmo forse aspettare la prossima – e speriamo papabile – riunione di famiglia.

60/100

(Nicola Guerra)