MARIKA HACKMAN, “I’m Not Your Man” (AMF Records, 2017)

Oggigiorno non si possono avere certezze: prendete il secondo album di Marika Hackman, sembrerebbe un prodotto americano fino al midollo. E invece lei, come si sa, è dello Hampshire. Non un’inglesina compita e vittoriana, però, e questo è il bello.
“I’m Not Your Man” ricrea un mondo in cui il folk gotico degli inizi si sviluppa più propriamente in un alt-pop che strizza l’occhio allo slacker e alla cultura degli anni ’90, non solo alle camicione a quadri, ovviamente. Supportata egregiamente dal quartetto londinese (di amiche) The Big Moon, “I’m Not Your Man” suona come uno spaccato di un mondo prettamente femminile odierno con un pizzico di nostalgia di quando – 20 anni fa – i rapporti (e i suoni) erano più fisici.
Non che questo voglia dire fare sempre sbrang con le chitarre elettriche: se infatti il primo singolone “Boyfriend” riporta immediatamente alla cultura grunge, il resto dell’album si mantiene su tinte più power-folk malate e notturne da camera, un po’ come se Courtney Barnett si facesse arrangiare le canzoni dalle Warpaint.

Arpeggi accompagnati da violoncelli (“Round We Go”), ballate zoppicanti sulla scia di qualche indimenticato unplugged dei Nineties (“Violet”), qualche apertura al western-folk duro e puro (“Apple Tree”), melodie senza pensieri (“My Lover Cindy”, che potrebbe sembrare una canzone dei migliori Perturbazione -!-), “I’m Not Your Man” conferma un’artista pienamente libera che non ha ancora raggiunto la vetta della sua produzione artistica (e per fortuna) ma che sta cercando lucidamente una propria poetica sempre più riconoscibile.

E se Marika diventerà sempre più pop e sempre più scazzata, beh, vincerà facilmente.

74/100

(Paolo Bardelli)