Il nuovo lavoro di Kristoffer Rygg, fondatore dei norvegesi Ulver, rappresenta una svolta decisa verso il synth-pop e la new wave.
Se nei 12 album precedenti della loro carriera i suoni anni ’80 hanno incredibilmente convissuto con il black metal, negli 8 brani di “The Assassination of Julius Cesar” a farla da padrone sono le tastiere di Tore Ylwizaker e i sintetizzatori di Jørn Sværen.
Il tredicesimo disco, uscito il 07 di aprile e della durata di 43 minuti e 20 secondi, ha più che semplici riferimenti o ispirazioni ai Depeche Mode, Peter Gabriel o i nostrani Lost Reality.
La struttura dei brani, con lunghe introduzioni come in “Rolling Stone” che precedono una vocalità rubata a Dave Gahan, consente di assentarsi e ascoltare senza troppo impegno.
Tuttavia, nonostante la piacevolezza dell’intero lavoro e la curiosità di vederli dal vivo, nulla stupisce e colpisce, il tentativo di un gruppo che viene dal “metallo” in una sperimentazione del genere poteva essere molto interessante, soprattutto dal punto di vista dei suoni e della loro elaborazione.
Ma ciò non è accaduto, nonostante qualche tentavo sulle linee di basso di “Angelus Novus”.
L’avvicinamento c’è stato più con Tony Hadley e gli Spandau Ballet in “Southern Gothic”.
Un disco non imprescindibile e non indimenticabile, ma che non sarebbe un peccato avere nella propria collezione perché ben suonato.
60/100
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