SPOOKYLAND, “Beauty Already Beautiful” (PIAS, 2016)

spookyland_beauty_already_beautiful_0516Gli Spookyland sono quel tipo di outsider che hanno tutto per diventare di qui a poco un nome grosso nel panorama musicale internazionale. Un’affermazione forte, com’è forte il loro primo album “Beauty Already Beatiful”, dal titolo che sembra avere quasi valore profetico.

Ciò che stupisce e non poco nell’esordio di questi quattro ragazzi australiani è la naturalezza nel loro approcciarsi ad un sound che sembra aver ormai da tempo detto tutto quello che aveva da dire: il classic-rock, quello quello tutto chitarre e riff, quello da stadio, quello che alla fine piace a tutti e non dispiace a nessuno. Un tentativo apparentemente anacronistico, che invece si rivela fin da subito non solo riuscito, ma molto promettente.
In questo “Beauty Already Beautiful” non troverete nulla che sia nulla fuori posto: le schitarrate ariose e potenti, le canzoni con ritornelli da squarciagola, melodie a presa rapida, assoli poderosi e parecchi climax emotivi. Un impatto che può essere definito quasi “muscolare” quello degli Spookyland, i cui meriti sono divisi in parti uguali tra la voce da ora in poi inconfondibile di Marcus Gordon e un suono che nonostante la sua semplicità è difficile da definire in modo esaustivo: c’è il rock elettrico di Dylan e Young (“Big Head”, “Can’t Own You”), c’è l’americana (“Nowhereland”), e c’è anche l’indie-rock anni ’90 (“Rebellion”, “Discipline”) – ma nessuna delle influenze elencate finora si mostra in modo smaccato o debitorio. Piuttosto, i nomi che vengono in mente sono eco appena percettibili, molto lontani dal concetto di paragone.

Se un debito esiste, è quindi verso tutto il rock della tradizione americana: è proprio questo fattore a stupire ed incuriosire, che siano degli australiani a farci piacere di nuovo quella roba lì. Non perdiamo troppo tempo nel capire se gli Spookyland siano fuori tempo massimo o se invece siano i primi a riabilitare un genere che sembrava ormai esausto. Poche storie. Come dice il suo stesso titolo, godiamoci “Beauty Already Beautiful” per quello che è: un primo disco bello già così com’è.

72/100

(Enrico Stradi)