ISTVAN, “Istvan” (Bronson Recordings, 2016)

12512264_691150667654648_7495938208352083335_n-2Ed eccola qua, la psichedelia che ti frigge il cervello. Sempre a lamentare la mancanza di rock e poi, dal nulla, un gruppo di ragazzi della provincia di Forlì debutta su Bronson Recordings (la label del Bronson di Ravenna) con un LP (che poi, come un EP dura 32 minuti) quasi interamente strumentale, che rimarca come gli spazi sono solo di chi li cerca. “Istvan” è ciò che il rock di stampo psichedelico dovrebbe essere; dilatato, potente, ipnotico, prima acustico, poi elettrico, prima la calma, poi la tempesta, poi di nuovo oasi di pace. Un lavoro piccolo, ma al contempo grande che dà voce ai tutti quei milioni di ragazzi che vorrebbero evadere dalla bieca realtà che li circonda.

“Ne ho sentiti mille di gruppi che suonano riff su riff e si abbandonano alla musica come fosse ancora di salvezza”. Il pensiero è mio, ma immagino sia anche il vostro dopo aver ascoltato questi cinque brani che vanno dal “un minuto uno” di “Stonemill” (folk bucolico di un Nick Drake pronto a comandare un plotone) fino ai “10 minuti dieci” di “Kenosis” che è una suite di pura poesia stoner.

Allora perché continuiamo a premere play? Perché vogliamo viaggiare anche quando siamo fermi, perché ci piacciono i Dead Meadow, perché lo spazio non è così lontano, perché la libertà non è solo una statua verde con una fiaccola in mano ma anche il suo fuoco che arde in qualsiasi landa desolata di questa Italia sempre pronta a (ri)alzare il volume.

70/100

(Nicola Guerra)