HINDS, “Leave Me Alone” (Lucky Numbers Music, 2016)

Leave-Me-Alone-575x575I Mourn l’anno scorso con il P.J. Harvey-iano debutto e le Hinds ora con “Leave Me Alone”. La Spagna e l’influenza che riceve dal mare e dalla brezza del Primavera Sound. La Spagna e la sua fascinazione verso i ’90 e la sua propensione nell’avere la bellezza dell’asino.

Una stagione, poco più, quella che serve per farti innamorare, per trasformare il tuo corpo, per renderti consapevole che gli schiaffi si combattono con la tequila il sale e il limone. Questi sono i dischi che si ascoltano guardando le onde, mai completamente sobri, mai completamente soli. Le Hinds, quattro ragazze madrilene, giovanissime, hanno già suonato in Italia. Commenti negativi atti a rimarcare l’acidità (anagrafica e musicale) e la poca originalità della loro proposta.
Nulla da eccepire, per carità. Allora perché “Leave me Alone” prende spazio tra i miei ascolti malati e fa respirare meglio del Vicks Vaporub? Perché parla di quello che ero/eravate 25 anni fa. Spensierati, incuranti del mondo e delle sue illogiche torture, attaccati alla vita come una polluzione notturna, insensibili alle critiche e sorridenti perché le chitarre scordate e il volume troppo alto della voce non saranno mai un problema.
“Warts”, terza traccia di questo piccolo dischetto è tutto questo e forse anche qualcosina di più. Potrebbe bastare, come ci basta un tuffo in piscina in una assolata giornata estiva. Poi però c’è il resto. Canzoni soffici come la strumentale “Solar Gap”, il pop degli Allah-Las in chiave Spectoriana pieno di riflessi in “Chili Town”, lo sguaiato dolce far nulla nella jingle-song “Bamboo” e il lo-fi senza pretese di “I’ll be your Man”.

Tutto troppo facile, tutto troppo bello per durare. Infatti non durerà.

65/100

Nicola Guerra