ELEANOR FRIEDBERGER, “New View” (Frenchkiss Records, 2016)

unnamed-1Ci sono davvero pochissimi modi per realizzare nel 2016 dei dischi estremamente adulti e retrò senza risultare patetici. “New View” è un disco maturo che riesce nell’impresa. Eleanor Friedberger, nella sua lunga militanza al fianco del fratello Matthew negli incredibili The Fiery Furnaces, ha dato spazio a ogni sorta di perverso mix di stili e influenze, in quel progetto davvero sui generis. Poi, a partire dal 2011, i suoi primi brani da solista dove ha attenuato gradualmente la sua propensione all’anthem power pop e agli sfoghi più weird ed eccentrici, per concederci delle ballad stilisticamente impeccabili con un gusto sempre più d’annata.

Eleanor quest’anno compirà quarant’anni, ha ancora una voce intensa e inimitabile e non ha mai rinnegato il suo animo folk-rock più tradizionale. Nemmeno nei momenti più psicotici e isterici della sua esperienza nella band che l’ha resa popolare. La riscoperta delle radici musicali americani e dei generi più Americana è sempre un’opera difficile quando mancano le canzoni. Ci sono riusciti di recente dei gruppi come i Woods o i Real Estate oppure Kevin Morby, mentre band storiche come i Wilco ci riescono sempre più a fatica. Eleanor ha fatto le cose semplici, aveva con sé dei brani di una bellezza ammaliante, li ha assemblati con la sua band, gli Icewater, in uno studio di New York. E ne è venuto fuori un album che potrebbe essere stato scritto da Jackson Browne, dove l’anima più 70s di Neil Young aleggia come se fosse una sorta di guida spirituale pronta a indicare la retta via nei momenti più incerti del disco.

“New View” pur andando a pescare soprattutto nel folk-rock più convenzionale non suona neanche per un istante vecchio e superato. Basta ascoltare subito la dylaniana “He Didn’t Mention His Mother”, “Open Season” e “Because I Asked You” per cogliere l’essenza del disco. I parallelismi con i Woods di Jeremy Earl e Jarvis Taveniere sono assai ricorrenti. Per l’abilità nel mettere in piedi degli arrangiamenti adulti e classici con una freschezza molto attuale tra rhodes rassicuranti, tappeti di organo d’altri tempi (“Your Word”) e digressioni elettriche sempre al punto giusto (“A Long Walk”). Un revival consapevole, maturo ed elegante.
Non mancano delle scampagnate indie pop, come “Sweetest Girl” e “Cathy With The Curly Hair”, ma prevale sempre un equilibrio tra songwriting tradizionale e suggestioni dal sapore più moderno. Eleanor è una fuoriclasse, riesce ancora a scrivere dei brani struggenti come “Two Versions of Tomorrow” o “Does Turquoise Work?” senza mai appesantire troppo un’atmosfera sempre positiva.

“Spero che questo album suoni come una donna adulta che è okay”, aveva dichiarato presentando questo terzo album in studio.
Ci è riuscita in pieno.

79/100

(Piero Merola)