THE ARCS, “Yours, dreamily.” (Nonesuch, 2015)

11401175_1456533751323775_6307448041064490338_nIn principio era un chitarrista blues-rock, dalla folta barba e capello incolto, venuto fuori da un garage di Akron, Ohio, accompagnato dal compagno di scuola, gigante buono, assestato su una batteria sconnessa e funzionale ai suoni fumosi che i Black Keys della prima ora offrivano a vecchi e nuovi nostalgici del genere.
Poi Dan Auerbach è cresciuto, è andato lontano, ha fatto tanti soldi, scalato classifiche in tutto il mondo con singoli assassini (“Tighten Up”, “Lonely Boy”, “Fever”: impossibile che non le conosciate), inciso un album da solista (“Keep it hid”), collaborato con rappers (“Blak Roc”), aperto un proprio studio di registrazione (l'”Easy Eye Sound” a Nashville, giusto per rompere le scatole a Jack White, probabilmente), prodotto quindi Dr. John, Bombino, Lana Del Rey (tra gli altri).

Evidentemente però non basta.
Poche settimane fa ha visto la luce un nuovo progetto che lo vede protagonista insieme ai suoi amici musicisti (collaboratori in studio e turnisti live vecchi e nuovi dei Black Keys: Leon Michels, Richard Swift, Homer Steinweiss e Nick Movshon, insieme alla guest presence delle Flor de Toloache ): The Arcs.

Sebbene la maggior parte delle testate lo abbia definito come side-project del leader dei Black Keys, lo stesso Auerbach ha però sottolineato il fatto che: “These guys have equal input on all the songs” e aggiunge “It’s a completely different thing than the Black Keys, where I write the lyrics, the chords and most of the melodies. Every song on this record is co-written with the whole band. That’s why I didn’t call it my name. I love being able to sit back and let songs evolve without me. It’s been a new experience.” (fonte, ciò nonostante a noi il dubbio rimane, visto e considerato che TUTTI i brani portano la SUA firma diversamente dagli altri componenti).

“Yours, dreamily” è quindi il risultato di passioni musicali comuni ai cinque artisti, poi è ovvio che avere nell’ensemble la presenza del chitarrista (e cantante) facilita la vita e la visibilità al gruppo.

Andando nello specifico del lavoro di The Arcs, questo esordio è una dichiarazione d’amore al rock soul (“Chains of love”) delicatamente psichedelico yankee degli ultimi 50 anni. Ruvido negli intenti (“The Arc”), patinatissimo nella produzione, si sviluppa tra ballads e pezzi mentalmente garage, con intermezzi giocosi (“Everything you do (you do for you)”), ispirazioni sportive (“Stay in my corner”) e ammiccamenti sensuali (“Come & go”).

Nell’insieme “Yours, Dreamily” non ha pecche, né pretese particolari: è semplicemente un bell’album. Fatto bene, suonato bene, interpretato ad alti livelli. Non ti strappa il cuore, ma si lascia ascoltare in totale leggerezza e senza ansie da prestazione.

E scusate se è poco.

75/100

Elisabetta De Ruvo