CURTIS HARDING, “Soul Power” (Burger Records, 2014)

curtis_harding_-_soul_power_cover__sm

Non mi puoi rinchiudere in una scatola. Se lo fai, esco da quella scatola”: frase di Curtis Harding, estrapolata da un’intervista e che descrive il carattere dirompente dell’artista americano.
“Soul power”, titolo del suo disco debutto, richiama la sua anima black. E sicuramente la “soul way” (più che soul music) è una componente importante del mondo sonoro del musicista, nato e cresciuto nel Michigan, e poi trasferitosi a Seattle. Però in questo album d’esordio c’è di più: un’esplosione di suoni, magmatica e serpentina: si percepisce l’attitudine – è il caso di dire innata – da vagabondo musicale, sviluppatasi quando la madre, cantante gospel, girava per gli States.
E poi a pelle si sente quanto sia genuino – quasi punk, quasi garage – l’approccio di Harding nei confronti dell’universo discografico: dopo l’incontro/scontro con Cole Alexander, chitarrista dei Black Lips (band garage), sono nati i Night Sun e nel 2013 è pure uscito un singolo del progetto su Burger Records. Con l’etichetta californiana si è creata subito un’intesa particolare, che ha prodotto questo primo disco solista: da una parte a Curtis è piaciuto il modo di fare discografia della Burger, dall’altra la label garage oriented si è innamorata della voce del cantante americano.
Una perfetta sincronia. Strana fino a un certo punto. Perché in “Soul Power” i legami con la sfera garage non mancano: “Surf”, brano insieme al già citato Cole Alexander, è una macedonia gustosa di chitarre sferranti, che si amalgamano alla voce suadente, calda e al contempo incisiva del nostro. E a seguire “I don’t wanna go home”, un concentrato scoppiettante di ritmiche garage , in compagnia di Jared Swilley (bassista dei Black Lips). Le pulsazioni soul diventano a tratti grumose e graffianti, è il caso dell’ intro sporco e cafone di “Drive my car”. Trovano spazio anche brani con vibrazioni meno rock, dove il cardine della struttura canzone è la voce ammaliante di Harding, resa ancor più profonda e sfaccettata da arrangiamenti eleganti: basso in primo piano e fiati, che ogni si tanto si affacciano a dare un tocco speciale al suono d’insieme (“Keep on Shining”, “Freedom”).

“Soul Power” è solo l’inizio – si spera – di una carriera sfolgorante. A Curtis Harding non manca niente: il talento c’è, lo stile pure.

77/100
Monica Mazzoli