TORAKIKI, “Mondial Frigor” (Autoprodotto, 2014)

torakikiUn quarto d’ora di musica potrebbe essere considerato troppo poco per meritare una recensione.

Eppure sfido chiunque a non nutrire una qualche curiosità sul nome Torakiki ed un titolo concettuale quale “Mondial Frigor”. Hello Spank vi dice qualcosa? Lo ricordate quel buffo gattino tedesco in cravatta? Un’immagine che ha conquistato la fantasia di Alessandro Rizzato, Kevin Parrino e Giacomo Giunchedi, origine centro-meridionale ma da parecchi anni di stanza a Bologna. Il gruppo ha scelto lo Studio Spaziale (Baustelle, Calibro 35 e Junkfood) per produrre la sua prima uscita discografica, un lavoro elettronico dallo spiccato piglio wave e sperimentale.

Tre ragazzi per tre brani, nati da singole idee di ogni componente. Si parte con “Dorothy”: bpm elevati e synth che si intrecciano in una melodia a presa rapida. Ovvero immaginarsi i nipotini di Bernard Sumner e Martin Gore imbracciare strumentazioni e diavolerie varie. “Tree Moon” è più eterea, con un giro di basso a dettare la linea guida e percussioni minacciose e ipnotiche che rimandano a dei Ninos du Brasil imboniti di minimal-techno. Non per nulla, i Torakiki stessi descrivono il loro EP in questi termini, “Pensato e realizzato per essere ascoltato a notte fonda, nel buio elettrico dei neon“.

La conclusiva “Pink Head” è la traccia più strutturata e ricca di sample vocali, rumore e drum machine. Fatta di psichedelia elettronica, ambient, un gusto accattivante per gli arrangiamenti. Memore di quando i Torakiki erano in quattro con un vero batterista, a suonare materiale math-rock. Ma aldilà delle definizioni di genere e genesi, quello che conta è “Mondial Frigor”, biglietto da visita non trascurabile – alla ricerca di un posto al sole dell’elettropop made in Italy.

69/100

(Matteo Maioli)

20 Novembre 2014