OFF festival, Katowice, 1-3 agosto 2014

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Tra i posti che probabilmente non visiterete mai nella vostra vita c’è sicuramente Katowice, una città da trecentomila abitanti a sud della Polonia che sembra non avere nessun motivo per essere ricordata: non è altro che una di quelle innumerevoli città sovietiche a metà tra il monumentalismo decadente tipico dell’URSS e l’incontrollato (mini)boom economico di qualche decennio fa. Grattacieli di cemento armato fatiscenti e centri commerciali in acciaio e vetro, vecchiette ubriache di vodka e ragazzini in fila allo stand della Pepsi per farsi regalare gli occhiali da sole promozionali.

Ed è in questo posto che ogni anno prende vita l’OFF festival. Arrivato alla sua nona edizione sta crescendo velocemente, sia per il pubblico partecipante che per le scelte artistiche. Il successo si basa su una programmazione molto furba, che racconta perfettamente il mondo a due facce di Katowice: all’OFF suonano grandissimi nomi ma anche band appena nate, i dj più celebri e i giovani producer con all’attivo si e no un LP, una miriade di artisti da ogni parte del globo. Un’accozzaglia di roba che forse in qualsiasi altro posto risulterebbe incomprensibile, ma che nel mondo a multivelocità della Polonia ex-operaia del sud trova il suo ordine perfetto.

L’OFF festival è stato anche la mia prima esperienza con un festival grosso che durasse più di un giorno soltanto, e prenderci le misure non è stato facile, tanta era la mole di cose da vedere e da ascoltare: quattro palchi e una media di venticinque artisti o band al giorno non sono cosette. Ma ci ho provato, e qui sotto ho scritto in ordine sparso di quello che mi è piaciuto di più, di quello che conoscevo già e di quello che ho scoperto solo ora. In fondo poi trovate anche le cose che non mi sono piaciute, i brutti voti, le cose che boh non ho mica capito.

OFF festival // Le nuove scoperte
• I Lee Bains III che danno il benvenuto a tutti il pomeriggio del primo giorno: rock’n’roll vecchio stile, molti capelli, molto sudore, molto casino.
• I The Dumplings, che suonavano in contemporanea ai Lee Bains III, quindi visti per poco tempo. Due ragazzini polacchi, un lui ed una lei, che forse si amano, chissà, ma che in ogni caso provano a rifare i Beach House a modo loro, e cioè un po’ più tamarri. Il risultato, vista l’età verde e la loro nazionalità, è apprezzabile.
• I Protomartyr, una band di Detroit entrata da poco nel nido d’oro della Sub Pop. Post-punk suonato bene, sincero e non banale. Di questi tempi, non è poco.
L.A.S., Bobby The Unicorn, e Noon. Tutti e tre polacchi, tutti e tre giocano con pop ed elettronica così bene da valere almeno un ascolto prima di dimenticarsene per sempre. Più ballabili le cose di Noon e di L.A.S., un po’ più riflessive e fintotristi quelle di Bobby The Unicorn.
• Gli Hookworms. Da Leeds, riprendono il filone psichedelico che ci piace tanto oggi e ne rendono più scuri i colori. Ne esce una roba molto disturbata e quindi ottima.

OFF festival // Le conferme
• I Black Lips, che aspettavamo impazienti e che non ci hanno deluso. Perfetti cazzari, così bravi da asciugare le due gocce di pioggia che facevano temere il peggio ma che anzi, quasi quasi ci stavano bene.
Perfume Genius. Tra le tante cose che gli si possono dire, c’è anche e soprattutto “sei bravo”. Lo diventerà ancora di più.
• I Notwist. Stanno in forma i tedeschi, anche quelli che non vincono i mondiali. L’esibizione di gran lunga migliore di tutto il secondo giorno (poco dopo hanno suonato i Neutralk Milk Hotel, che sono stati bravi eh, sono un gruppo fondamentale eh, grazie di tutto eh, ma io nel mentre che suonavano loro ripensavo al live dei Notwist. Se questa è una bestemmia poi la pagherò, promesso)
• James Holden. E cioè punti esclamativi, rocce che si spaccano, timpani che resistono a fatica, l’una e mezza di notte, polacchi che ballano male. Vale lo stesso per i Fuck Buttons, solo che durante il loro live il modo di ballare dei polacchi qua sembrava coordinato e devo ancora spiegarmi il perchè.

OFF festival // L’epifania
“Epifania” intesa come la intendono i latini, e cioè “manifestazione della divinità”, “apparizione”, insomma robe miracolose da usare per descrivere il live degli Slowdive. Io non c’ero quando suonavano dal vivo ventanni fa, o meglio c’ero ma ero alto forse un metro, e quindi non lo so come erano nel 1993 ma se erano così erano grandiosi.

OFF festival // Note stonate
• I Los Campesinos!. Un live fastidioso, inconcludente, stupido. Si divertivano solo loro. Il cantante è ciccione di una ciccionità anche fastidiosa alla vista, e il resto della band suonava talmente male da chiedersi come cacchio abbiano fatto a guadagnarsi da vivere fino ad ora.
• I The Jesus and Mary Chain. Li aspettavo, preoccupato delle tragiche conseguenze che può provocare il passare del tempo. Ma qui non c’entra solo il tempo che scorre inesorabile: passa per tutti e c’è comunque chi riesce a fregarlo. Purtroppo per me ma soprattutto per i Jesus and Mary Chain, loro non riescono a fregarlo. Erano svogliati, annoiati. E infatti hanno annoiato.
• I Perfect Pussy. Quello che ho scritto per gli Slowdive e per lo shoegaze vale anche per il punk: io non c’ero. E quindi è un problema mio se non ho capito i Perfect Pussy. A me sembrano un gruppo che suona male il suonare male, coi volumi eccessivamente scazzati, con la tizia che canta che non si sente se non quando rutta.

Fuori dalle categorie un sacco di altre robe intermedie, un po’ al di qua e un po’ al di là della linea dell’interessante, del gradevole, del dimenticabile o anche dell’inutile. Forse ai polacchi le orchestre composte da mille africani che suonano roba tribale piacciono anche, ma a me generano un irrisolto scetticismo: viene da chiedersi il perchè.
In ogni caso, dopo un po’ di calcoli a caldo e a freddo, se si tira la linea delle somme il risultato è molto buono: l’OFF festival è una bella cosa, e ve lo consiglio. Si sta bene, suona della brava gente, non c’è calca, la gente non è fastidiosa, costa anche molto poco. Per arrivare ad essere un festival grande del tutto manca ancora qualcosa, perchè a tratti la proposta non era del tutto all’altezza, ma la strada verso la gloria è davvero quella giusta.
Magari poi Katowice diventa famosa sul serio.


Enrico Stradi