MARIA ANTONIETTA, “Sassi” (La Tempesta, 2014)

cv_mant (1)Maria Antonietta nella vita di tutti i giorni non si chiama così, ha un altro nome.
Canzoni da cantare che non sono solo le sue, pensieri per la testa che non sappiamo. Ha una casa e in quella casa non ci abita da sola. Un piccolo universo di cose che non conosciamo e che ora che esce “Sassi”, il suo nuovo disco, possiamo solo intravedere.
Il titolo del disco fa riferimento ad una frase contenuta nel Qoelet, uno dei libri sapienziali della Bibbia: “c’è un tempo per lanciare i sassi, un tempo per raccoglierli”. Per chi non lo sapesse (come me), i libri sapienziali sono elenchi lunghissimi di frasi corte corte che hanno il compito di insegnare come si sta al mondo – o almeno provare a farlo. Ed è forse proprio questo che Maria Antonietta ha cercato di fare dopo che il suo disco d’esordio ha diviso critica e pubblico: smettere di lanciare i sassi, e trovare un posto dove stare bene, finalmente.

E sembra esserci riuscita. “Sassi” è prima di tutto un disco d’amore, ma nel senso più esteso possibile: è un disco felice e intenso, che racconta di quanto sia enorme lo spazio da riempire dentro al cuore, uno spazio così grande che qualche volta addirittura spaventa. Dentro a quello spazio Maria Antonietta ci incastra fitti fitti alberi, ossa, ombre, abbracci, i già citati sassi.
Che qualcosa fosse cambiato ce ne eravamo accorti tempo fa ascoltando quel gioiellino innamorato che è “Animali”, un pezzo fresco e rosa che gioca coi suoni dolci del pop italiano anni ’60. Ma nel resto del disco le cose non sono tutte così colorate di tinte pastello, e viene quasi da dire “per fortuna” se si è affezionati della musica più forte: proprio come i sassi del titolo, le canzoni del disco rotolano, ruzzolano, dalla prima traccia all’ultima traccia. A volte incespicano, altre camminano piano, prudenti, e altre volte ancora corrono forte, felici e sudate. Giochi di imprevedibilità che riescono bene, meglio di prima: momenti veloci a cui ne seguono altri lenti, e le orecchie e la testa e i condotti neuronali in mezzo tra orecchie e testa che finiscono vittime di questa piacevole schizofrenia di ritmi e di suoni.

Dal punk in “Ossa”, ai tentativi pop in “Giardino Comunale”, al piano inedito in “Galassie” e “Tra me e tutte le cose”, “Sassi” è un disco che sorprende senza dubbio per la sua varietà, pur rimanendo tutto bene incollato. Merito anche di Giovanni e Marco Imparato (dai Chewingum e dai Dadamatto) che hanno fatto un gran lavoro agli arrangiamenti.

Rispetto al primo disco Maria Antonietta è senza dubbio cresciuta: le canzoni hanno perso un po’ dell’immediatezza e dell’asciuttezza che c’erano prima nei testi e nelle musiche, e questo forse perché tutto intorno a lei è diventato più grande, e questo a volte può voler dire anche più complicato. L’impressione che si ha alla fine di “Sassi” è proprio che il disco sia molto più grande di quello che si ascolta: curate le ferite col mondo, tolti gli “occhiali da sole” e l’esuberanza del voler essere “felice ad ogni costo”, da qui in poi le cose per Maria Antonietta saranno davvero buone, se la strada intrapresa è questa qui.

64/100

(Enrico Stradi)

11 marzo 2014