INCUBUS, Morning View (Sony/Epic, 2001)

Incubus, ovvero quando l’orecchiabilità incontra la creatività. Questa specie di slogan bene si addice alla nuova fatica della band losangelina, “Morning View”, un’altra fucina di stili e contaminazioni sempre comunque all’insegna del buon gusto e dell’energia. Certo, forse rispetto ai lavori precedenti qui viene sacrificata parecchio la fortunata commistione di rap, jazz, metal che tanto successo aveva regalato al gruppo di Brandon Boyd; gli Incubus regalano un disco in cui si respira probabilmente molto più rock tradizionale, quasi con il sottile compiacimento di sfiorare il baratro sempre insidioso della scontatezza.

Le radici emergono palesemente: i Red Hot Chili Peppers dei primi tempi, fino ad arrivare alla più nobile tradizione del grunge. E infatti a darci il benvenuto ci pensa “Circles”, energico brano a cavallo tra il rock e il funky, in cui la ciclopica avanzata di basso e chitarra non ha nulla da invidiare a quella gioiosa macchina da riff che è l’accoppiata Flea/Frusciante. Così anche brani come “Blood On The Ground” ripropongono ritmiche funkeggianti ad altissima pressione.
E fin qui nulla di strano. Ciò che forse più stupisce, e non certo sfavorevolmente, è una nuova vena melodica che si respira in certe canzoni. Innanzitutto il primo singolo tratto da questo album, “Wish You Were Here”, presenta un’insolita strizzata d’occhio ad un “easy listening” tipicamente studiato per i passaggi in radio. E molto probabilmente sarà questo il fortunato destino che gli toccherà. Eterei paesaggi sonori che si alternano a chitarre distorte a tappeto, su cui svetta la voce di Boyd, che in questa occasione evoca Anthony Kiedis in maniera davvero imbarazzante. Ma c’è ancora spazio per stupirsi.
Brani come “11am” sono brani dalla struttura del tutto semplice, basati su riff scarni e ripetitivi (Cobain docet), ma tremendamente efficaci. Poche note ma buone, come a voler dire che l’ubriacatura rap metal fa parte ormai del passato. Ad ulteriore conferma arrivano canzoni intense e per niente banali come “Just A Phase”: un arpeggio di chitarra acustica accompagna i gorgheggi di Boyd, cullato da mille archi, per poi lasciarsi andare a tempi dispari e martellate elettriche. Forse gli Incubus sono pronti a lasciare piccole tracce indelebili nell’universo del rock.

A conclusione di questo stimolante viaggio, troviamo la delirante “Aqueous Transmission”, bazar di suoni e ritmiche inauditi.
Questo “Morning View” è sicuramente un prezioso gesto di maturità da parte di un gruppo che ha deciso di privilegiare la qualità a discapito di un’originalità perseguita a tutti i costi.

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