DAVID FIUCZYNSKI, “Planet Microjam” (RareNoise, 2012)

David “Fuze” (Screaming Headless Torsos) si diverte a divertirsi nel suo debutto solista, contornato da un gruppo eroico di acccoliti virtuosi. Sollazzarsi come fa lui non è facile quando significa prendere uno spirito avant-jazz e fonderlo senza condizionamenti, glissando sui dettami formali, manipolandoli con ritmi afro-americani, musica etnica, blues e caldo prog orientaleggiante. E “Planet Microjam” è l’ideale per lo spirito sperimentatore di Fiuczynski che mette in scena in un unico album tutti i tentativi creativi fin qui arditamente sperimentati.

Si tratta di un lavoro microtonale dalla fluidità impertinente e mai inavveduta, libera di spaziare con scioltezza dall’etno al folk, dal jazz al metal anche nel breve tratto di una battuta. La cifra però si articola, si biloca, non sempre la fluidità è tangibile, e voluti rallentamenti nella progressione artistica qualificano la presenza di una doppia anima. Infatti abbiamo una opening track “Micro Emperor” che è la quintessenza straripante dell’invito generoso – “venite venite” – uno scivolare nella microtonalità, cadendo come Alice in un mondo apparentemente stonato, in scale all’incontrario, degli up e down ribaltati e psichedelici. Sembra l’invito ad una festa spassosa.

Ma dopo un po’ che si bazzica in questo mondo straniato e borderline, ecco il calo umorale. Il basso fretless di David Ginyard e il violino sui trampoli di David Radley in “Mystic Microjam” trasformano il divertimento promesso in un andamento enigmatico, sfuggente: si avanza barcollando, senza appoggi, tra smokers peccatori e violinisti sul tetto. “Meditacion” è fusion jazz lussureggiante dove appare Jack DeJohnette e si comprende che a questo party non ci si divertirà… qui ci sarà da studiare, altro che! Ed appare evidente che queste sensazioni potrebbero creare un disagio da fuga a gambe levate: è la festa per pochi, i soliti affiliati da linguaggio rosacrociano, tecnicismi da iniziati che “Sun Song”, tratta da Sun Ra, enuncia bene.

Ma se si pazienta si ha la ventura di imbattersi nell’articolazione precisa dei fraseggi di “Horos Fuzivikos”, chiara ed esoterica allo stesso tempo, dove ricompare il sentimento della gioiosa partecipazione a voli musicali di altezze filosofiche impensabili nell’ascolto medio. “Madoka Blues”, dove ritorna DeJohnette, possiede lo stesso groove bruno di “Meditacion”, ma questa volta fusion, funk, hard bop e blues si coinvolgono e si fondono con un’impetuosità riuscita, felice. “Drunken Longing” è etnica, introduttiva alla meditazione orientale che sfocia nella breve “Green Lament”, un ambient minimalista che porta alla conclusione della meditazione: il silenzio. “Apprehension”, in dirittura d’arrivo, è la summa di tutte le presenze e di tutte le intenzioni filosofiche, la precisione jazzista con l’improvvisazione blues, l’ambient rumorista di atmosfera con l’esotico innesto cinese e il prog-jazz obliquo.

Che dire dunque? Il professore Fiuczynski ha preparato un seminario per colleghi, l’enunciazione di un’intenzione sperimentale, senza perdere di vista l’intento finale, il dover poi parlare a noi comuni fruitori: per questo “Planet Microjam” è un lavoro ambivalente, un giano bifronte dotato di una coerenza recondita che non appare nell’immediato ma solo dietro calcoli matematici che non si possono (e vogliono) divulgare. Diviso tra il sentimento filantropico dell’elargitore e il linguaggio elitario escludente, il mood complessivo è altalenante e i brani vivono una strana gemellarità, un’opposizione zodiacale che lo trascina inerme verso tutte le direzioni.

63/100

(Stefania Italiano)

12 luglio 2012

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