CAKE, “Showroom Of Compassion” (Upbeat Records, 2011)

Paesaggi sonor vibranti west-coastiani, indie, funk-rock e country il tutto calibrato con la solita buona dose di ironia e satira politico sociale. Questa la formula che ha accompagnato i Cake in questi quasi venti anni di attività musicale, e che ritorna, senza troppe sorprese anche in questo ultimo lavoro “Showroom of Compassion”. Undici tracce autoprodotte direttamente dai quattro californiani con la loro etichetta indipendente Upbeat Records, nata dopo la rottura con la Columbia. Un disco questo, che non smentisce tuttavia il marchio di fabbrica dei Cake, ai quali non importa molto stupire, quanto invece rimanere fedeli alla propria visuale sul mondo e al proprio sentire, inteso in tutti i sensi. Il disco si apre infatti, con la sarcastica presa in giro dell’America delle convenzioni statali e della classe dirigente politica pronta a tutto, e procede con il classico sound alla Cake con “Long time” dove il decantare quasi parlato di John McCrea torna a calcare le scene dopo il lungo tempo passato (sette anni) dall’ultimo ” Pressure Chief”. Non si prescinde quindi dai soliti Cake, e così ritroviamo una hit come “Sick of you” che ha scalato le classifiche grazie alla fusione di bassi e chitarre, al ritmo dei fiati tipicamente tex-mex e alla visione tutta disincantata e impegnata nel deridere “le cose che ci circondano”, ma non solo.

Dopo i successi delle precedenti “I will survive” o “Perhap, perhaps, perhaps?” ritroviamo qui un’altra cover, quella “What’s now is now” di Frank Sinatra che tuttavia giunge a un’esito un pò meno esilarante delle precedenti. In effetti di esiti esilaranti non ne ritroviamo molti in questo ultimo lavoro, che sembra piuttosto accontentarsi di forme musicali e strumentali già consolidate e testate. Gli echi più vivi e convinti degli esordi si ritrovano nel brio funky di “Mustache Man (Wasted)”, passando poi attraverso l’intercedere strumentale del pianoforte in “Teenage Pregnacy” che sembra trascinare con sè la polvere del west.

Le restanti tracce sono un misto di ballate nelle quali si snodano sonorità synth, chitarre distorte e tocchi country sui quali domina un certo pop, un pò demodè ma comunque ben riuscito. La ricetta Cake dimostra, anche se con meno pathos, il suo solito fascino.

67/100

(Eleonora Ferri)

26 Aprile 2011

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