Leonard Cohen Book Party al Circolo degli Artisti (Roma) (17 febbraio 2010)

State tranquilli, nonostante le sin troppo facili ironie, Leonard Cohen è vivo e vegeto e lotta insieme a noi sotto questo sole crudele che sembra talvolta schiacciarci sotto il suo peso insostenibile. Ma nulla vieta di tributare al sommo canadese, almeno una tantum (e in fondo non è mai troppo spesso), un omaggio sinceramente partecipato e affettuoso, come quello organizzato lo scorso febbraio in quel di Roma dalla illuminata casa editrice “indie” Minimum Fax (che proprio nel cuore pulsante della capitale ha il suo quartier generale), il sempre accorto Circolo Degli Artisti e l’etichetta 42 Records, ancor giovane, ma con un catalogo intelligente e assai intrigante (My Awesome Mixtape, Cat Claws, Fake P, Kobenhavn Store, Late Guest (At The Party), Gatto Ciliegia, Albanopower e altri) che proprio a Cohen aveva dedicato tempo fa un album tributo di cover, dal titolo “Stranger Music: a tribute to Leonard Cohen”, oggi esaurito, da cui riteniamo sia venuto fuori lo spunto ideale per la serata in questione.

L’idea alla base dell’evento è talmente generosa che viene istantaneamente voglia di voler bene a tutti quelli che l’hanno pensata e poi resa possibile: una serata di letture poetiche e percorsi all’interno dell’immenso patrimonio musicale del nostro ad opera di amanti e ammiratori di assoluta eccezione della sua opera. Con i dieci euri d’ingresso si ha addirittura in omaggio gratuito un libro di poesie di Cohen a scelta tra quelli editi dalla Minimum Fax. Non bisogna infatti dimenticare che prima ancora (“Confrontiamo Allora I Nostri Miti”, la sua prima raccolta poetica, è del 1956!) di diventare uno dei maggiori (secondo alcuni il maggiore) compositori di canzoni del ventesimo secolo, Cohen fu un eccezionale poeta, incredibilmente originale, stilisticamente irrequieto, complesso e sofisticato. Lo sa bene la Minimum Fax che alla produzione poetica del nostro ha dedicato una sorta di mini-collana apposita in sette volumi, arrivata in questi giorni alla terza puntata, “Le Spezie Della Terra”, che proprio al Circolo veniva presentato e letto in anteprima assoluta.

Il palmares di ospiti è di tutto rispetto: Emidio Clementi, insieme ai traduttori e curatori dei volumi Damiano Abeni e Giancarlo De Cataldo (sì, proprio lui, quello di “Romanzo Criminale”!) leggono una selezione di poesie, quasi sempre bellissime, mentre dietro strumenti e microfoni si snoda una processione eterogenea di musicisti. Dalla assoluta sorpresa indiepop siciliana Albanopower, che rieseguono e personalizzano ‘Hey, That’s No Way To Say Goodbye’ e ‘Nancy’ (nella versione di De André) a The Niro, che taglia una “So Long Marianne” da brividi alla giugulare e poi si produce in una inevitabile (ma forse a ritenerla tale è solo quella inguaribile malizia che ci impedisce ogni volta di dissociare la sua voce da quella di Jeff Buckley) “Halleluja”, che sostiene di non aver mai cantato in pubblico in vita sua, eseguendola proprio questa sera (in compagnia del fidato braccio destro di Paolo Benvegnù Guglielmo Gagliano) soltanto perchè nessun altro artista l’ha sorprendentemente inserita in scaletta. Seguono i Vessel, side project di Corrado Nuccini e Emanuele Reverberi dei Giardini Di Mirò, a base di lunghe e oscure cavalcate in una fitta notte fumosamente caveana, nella quale rimangono impigliate le sagome spettrali e dilatate di “I’m Your Man” e “First We Take Manhattan”, prima che sul palco irrompa il genio alcolico e luciferino di Paolo Benvegnù, che tra un battuta e l’altra su San Remo, Povia e i Dik Dik (“ci voleva fegato negli anni Sessanta a chiamarsi Cazzo Cazzo!”) regala una fulminea serie di cover coheniane viscerali e tracotanti, coi piedi che pestano sulle assi scricchiolanti del palco, le corde della chitarra che urlano un lamento distorto mentre la testa si piega indietro come inghiottita da un furore sin troppo simile alla disperazione. Tra tutte spicca “Who By Fire”, che viene poi ricantata a squarciagola nel bis da un supergruppo che si viene a costituire spontaneamente tra quasi tutti gli ospiti intervenuti nella serata, D e Cataldo compreso, come una sorta di saluto al maestro canadesene al nostro amore infinito per le sue canzoni.

Dono
Mi dici che il silenzio
è più vicino alla pace delle poesie
ma se in dono
ti portassi il silenzio
(perché io conosco il silenzio)
diresti allora
Questo non è silenzio
è un’altra poesia
e me lo restituiresti.

Da “Le Spezie della Terra”, traduzione di Damiano Abeni e Giancarlo De Cataldo, Minimum Fax 2010, tutti i diritti riservati.