STAFF, If It Ain’t Staff It Ain’t Worth A Fuck (Homesleep / Audioglobe, 2005)

A volte capita ancora che un disco sia bello e piaccia senza particolari motivazioni. Non è innovativo. Non è fondamentale. Non evolve niente e non aggiunge alcunchè alla storia della musica. Anzi, in questo caso si tratta fondamentalmente di indie rock nella sua definizione più comune. Quella che, dagli anni ’90 fino ai giorni nostri, siamo stati abituati a sentire nelle chitarre dei Pavement, nelle canzoni, nelle melodie dei Guided By Voices e nelle distorsioni dei Superchunk. Insomma, nessuna motivazione critica per il gradimento di questo conciso esordio – dieci brani per appena 24 minuti – degli Staff, supergruppo americano composto da membri dei Fuck, Quickstep e Grifters.

Canzoni brevi, sparate a velocità medio-alta con distorsioni vagamente dissonanti e batterie pestone, melodie che si stampano in testa e riff basilari ma efficacissimi. Se dobbiamo indicare delle preferenze, possiamo dire che “Hey Sister” è una di quelle canzoni per cui provare invidia, che “Dating Myself” – oltre all’esilarante testo – ci porta nel pieno di quelle feste piene di adolescenti nerd con birra, sfiga cosmica e nessuna ragazza e che “Teenage Wearing Blazers” è semplicemente un pezzo pop perfetto che si vorrebbe ascoltare in continuazione. Un po’ come il disco tutto. Certo, qualcuno potrebbe obbiettare che 24 minuti sono eccessivamente pochi, ma sarebbe come cercare il pelo nell’uovo a tutti i costi.

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