MOOPO, The Only Word Of My Prayer (Seahorse Recordings, 2004)

Seconda uscita della Seahorse Recordings (la prima, ricordiamolo, è Blessed Child Opera), Moopo vive sospeso tra Italia e Canada ma sono gli Stati Uniti che ci vengono in mente ascoltando “The only word of my prayer”. Un panorama oscuro che parte dall’alt.folk – sì, sempre lui, definizione ormai logora ma che ci aiuta a focalizzare il lavoro – per perdersi in derive post (ad esempio “The place”) e lanciarsi in luoghi oscuri dove fanno capolino il Tom Waits meno schizzato e l’ultimo Hugo Race (“Above me, Up”). Il disco si mantiene su buoni livelli, ma alla lunga rischia di perdersi in una monotonia che può portare a non ricordarsi determinati passaggi. Ed è un peccato che non riesca ad incidere con la stessa intensità per tutta la sua durata – ecco, forse è semplicemente troppo lungo – perché le premesse sono molto buone e possono svilupparsi in un futuro molto interessante.

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