BELLE AND SEBASTIAN, The Boy With The Arab Strap (Jeepster, 1998)

Il terzo lavoro in studio di Belle And Sebastian è quello che li lancerà definitivamente sul mercato internazionale. La band scozzese, che più di tutte influenzerà il movimento “New acoustic” recentemente assurto agli onori delle cronache, irrompe da subito con due ballate meravigliose, “It could have been a brilliant career” e la ritmata e avvolgente “Sleep the Clock around”, che immediatamente rimandano a nomi e volti lontani, ricordando le soffici sinfonie rock dei Velvet Underground e le delicatezze cantautoriali di Donovan.

Compreso lo spirito musicale dell’orchestrina scozzese (otto elementi, ben al di sopra della media), si può finalmente sprofondare nell’armonia e lasciarsi cullare da queste tenere ninnananne, calde, pacificanti, in possesso della chiave misteriosa della calma. Le melodie vellutate compongono un muro incredibilmente compatto, capace di trattenere al suo interno un mondo meraviglioso e suadente, come esemplificato da “Is it Wicked not to Care?”.

Impossibile non notare nell’album anche altre influenze: un senso della melodia innato ma sicuramente derivato dall’incredibile scena pop anglosassone degli anni ’60, dominata dai mitici Beatles, le cui sonorità a volte ritornano alla mente (soprattutto le celebri ballate di McCartney), un intimismo a volte simile a quello del genio scomparso (ahimé) di Nick Drake, fraseggi non dissimili a quelli che resero celebri Simon & Garfunkel, fino ad arrivare alla scena contemporanea, dove l’esempio più semplice da portare è quello dei Radiohead, altra band celebre (agli esordi) per le sue ballate, altra band affascinata (soprattutto agli esordi) dai Velvet Underground.

Ma i Belle and Sebastian sono facilmente riconoscibili, con il loro pianoforte, le chitarre acustiche, le due voci sempre pronte a dividersi i compiti, e sempre pronte a spargere dolcezza e tepore. E pronte a costruire almeno due capolavori: l’incalzante “Dirty Dream Number 2”, che ricorda tanto pop anni ’60 e soprattutto la splendida “The Boy With the Arab Strap”, miracoloso incrocio tra alcune ballate di Bob Dylan e gruppi da classifica come The Temptations e le Vandellas di Martha Reeves. Album decisamente ottimo, forse il migliore dei Belle and Sebastian.

E pensare che tutto nasce da un cane mieloso e un bambino odioso in cammino sui Pirenei… ma ve li immaginate voi questi otto ragazzi che salgono su un palco e attaccano, in tutta tranquillità un “Canta con noi, siiii!!! Meglio che puoi, siiii!!! Canta insieme a noi, viva viva i nostri eroi, sono Belle e Sébastien”? Bè, oddio…

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