NIRVANA, Nevermind (Geffen, 1991)

Sì, volenti o nolenti, probabilmente siamo davanti all’album più importante degli ultimi quindici anni per quanto riguarda la diffusione (e la commercializzazione) del rock.

Kurt Cobain (voce e chitarra), Chris Novoselic (basso) e Dave Grohl (batteria), sono sconosciuti al grande pubblico – al loro attivo solo un altro album, “Bleech”, uscito per la Sub Pop di Seattle nel 1989 – quando MTV e le altre televisioni musicali iniziano a mandare a getto continuo il video di “Smell Like Teen Spirit”, con le ragazze pon pon anarchiche che assistono al concerto da college del gruppo e con il pubblico che poga. Il pubblico adolescente impazzisce, l’introduzione entra nell’immaginario collettivo musicale (e nessuno dice che è letteralmente rubata da “U-Mass” dei Pixies!) e “Nevermind” sbanca.

Ma il discorso in fin dei conti non è neanche così semplice: è vero, l’anima del commercio rock si mette subito all’erta quando fiuta la possibilità di arrotondare i guadagni e improvvisamente viene coniato il termine «grunge», Seattle viene adibita a patria del nuovo rock, vengono lanciate sul mercato decine di band (Alice in Chains, Love Among Freaks, Girls against Boys, Soundgarden). Sì, tutto questo è vero, ma tutto questo non riguarda i Nirvana, in realtà.

Quando Cobain esprime la sua noia di vivere, la sua apatia, la sua voglia di morire, è sincero (e il tempo l’ha dimostrato, purtroppo), e a chi lo attacca per la semplicità della sua musica risponde tranquillamente “non ho mai detto di essere un buon musicista, dico solo che mi piace suonare”: possibile replicare? Senza dimenticare che a parte “Smell Like Teen Spirit” – brano sopravvalutato – ci sono brani come “Come as you are”, “Lithium”, “Polly”, “On a Plain” e soprattutto la straordinaria “Something in the Way”, che otterrà la sua consacrazione nell’unplegged in New York.

E se è vero che la memoria storica latita e che niente è stato in realtà inventato dai Nirvana – i suoni sono quelli di Pixies, Husker Du, Sonic Youth – è pur vero che ciò che era rimasto appannaggio del pubblico underground diventa improvvisamente di dominio pubblico (e questo non è un male). Insomma, a dieci anni di distanza è ora di prendere il fenomeno Nirvana per quello che è veramente: una tappa importante della musica moderna. Senza denigrarli ingiustamente e senza elevarli al grado di mitologia irraggiungibile.

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