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Un neonato Owen Williams, voce dei The Tubs, allattato nei pressi di un cimitero dalla madre, Charlotte Greig, cantante folk morta suicida nel 2014.
Questa è la copertina del secondo disco del quartetto inglese, che arriva a due anni di distanza dall’acclamato debutto Dead Meat, ancora per la Trouble in Mind di Chicago.
Potrebbe dirci qualcosa questa bellissima e commovente immagine?
Non necessariamente, perchè il disco non è (solo) un omaggio alla madre di Owen, ma piuttosto un tentativo di scrollarsi di dosso tutte le ansie vissute alla ricerca di una identità personale.
Se nel debutto l’approccio era pressochè diretto, qui l’Indie Rock si fa vita, scava con intarsi di chitarra che ricordano gli Smiths (grazie all’incredibile lavoro di cesello da parte di George Nicholls) mentre la sezione ritmica non guarda in faccia a nessuno (quanto hanno fatto scuola gli Husker Du?) e tira dritto, come se di fronte ci fosse un mare di problemi da non voler affrontare.
L’amore, corrisposto o non, la giovinezza, che tende a passare senza avvisare, l’incapacità di capirsi quando ci si guarda allo specchio, tutto questo in un disco di jangle-pop che pare spensierato ma che nasconde, neanche troppo velatamente, tutte le cicatrici che la vita spesso ti riserba.
Delicato, romantico, malinconico ma mai disilluso, Cotton Crown è il perfetto disco Indie che non invecchierà mai. Perchè?
Perchè, ancora una volta, a New Day (is) Rising.
85/100
(Nicola Guerra)

