Beck’s poll: un sondaggio su Facebook sui migliori album

Se negli anni vi siete costruiti una “bolla” di contatti social di appassionati di musica è anche perché, se mai vorreste postare una canzone di Beck, non dovrete poi spiegare anche a tutti di chi diavolo si tratta. Ma non è poi detto che invece la canzone che sceglierete la conoscano davvero tutti quelli che comunque dicono di seguirlo. L’ho verificato in questi tempi, in cui mi sto divertendo a sottoporre al mio mondo di contatti social un gioco, e cioè mettere in ordine di preferenza gli album di un artista, per stilare poi una classifica generale delle Preferenze. Gioco sì, ma anche esercizio teorico per dimostrare, dati alla mano, innanzitutto che alla fine un autore spesso dà il meglio (per il pubblico ovviamente, se lo chiedete all’artista vi dirà che il meglio è sempre l’ultimo disco) nei primi anni di carriera (l’album eletto come migliore è circa nel 90% dei casi uno dei primi 4 dischi), ma soprattutto che spesso c’è una linea di confine tra l’ascoltatore che si cura di un artista solo quando questi è al massimo della forma (o magari, più ferocemente, direi “solo quando ne parlano tutti”), e chi invece si interessa a lui in tutto il suo percorso, passi falsi compresi.

Insomma, nel caso di Beck ad esempio la classifica finale ha visto vincere i dischi del suo periodo d’oro con un podio di gradimento formato in ordine da “Odelay” (1996), “Sea Change” (2002) e “Mutations” (1998), con la piccola sorpresa di un “Mellow Gold” al quarto posto (resta in fondo il suo disco più famoso grazie a Loser no?), ma dati alla mano è risultato evidente come da “Guero” del 2005 a “Morning Phase” del 2014 Beck abbia perso almeno un terzo dei suoi seguaci, ma ancor più che ne abbia poi perso un ulteriore terzo con la fase più recente di album come “Colors” (2017) e “Hyperspace” (2019), ultimi sia come citazioni, che come posizione media in classifica. Insomma, l’uomo che nei 90 credevamo capace di unire tradizione e avanguardia nel migliore dei modi, oggi pare inseguire suoni e mode senza più dettare la via, o ribadirne una nuova subito identificabile come sua. Non è un delitto, questi sondaggi stanno dimostrando che ogni grande nome della storia alla fine è ben conosciuto solo per un 30% della sua discografia, che forse ha ragione chi fa due dischi di successo e poi sparisce, o chi come Beck semplicemente ha il coraggio di provarci prima di tornare sulla sua strada, come il nuovo singolo “Thinking About You”, uscito a febbraio, lascia già presagire.

(Nicola Gervasini)