Ospitiamo il punto di vista ben argomentato delle amiche di Art A Part of Cult(ure) su un tema molto importante: il fondamentale è parlarne, anche mettendo l’accento sull’opportunità o meno di queste forme di protesta perché resta fermo che le motivazioni di azione in ottica di sensibilizzazione ambientale sono e rimangono meritorie.
Il purè (sì, proprio il purea di patate) e una zuppa sprecati – in tempi in cui si aggrava una crisi alimentare – in una forma di protesta che prende di mira l’arte nei musei: un’ennesima azione ambientalista si fa… accademia.
A cadere nel calderone delle iniziativa dimostrative ecologiste è stato, stavolta, Il Pagliaio, un dipinto ad olio di Claude Monet (esposto al Museo Barberini di Potsdam, in Germania), che due attivisti di Last Generation hanno imbrattato al grido, piuttosto condivisibile nella sostanza, per la verità, di: “Le persone stanno morendo di fame, di freddo. Siamo nel pieno di una catastrofe climatica. (…) Ho paura perché la scienza ci dice che non saremo in grado di sfamare le nostre famiglie nel 2050. C’è bisogno di purè di patate su un quadro per farci ascoltare? Questo quadro non avrà alcun valore se ci troveremo a lottare per il cibo. Quando inizierete finalmente a sentire?”.
Stessa sorte, nel luglio di quest’anno, per mano – è proprio il caso di dirlo – del collettivo Ultima Generazione, per La Primavera di Sandro Botticelli agli Uffizi di Firenze; qui gli attivisti hanno incollato i loro palmi al vetro protettivo del celeberrimo quadro chiedendo: “Quante opere d’arte potranno esserci in un futuro devastato?”.
Non dimentichiamo l’azione ai Musei Vaticani, con incollaggio delle mani di due giovani attivisti alla base del gruppo scultoreo del Laocoonte: “Come lui non veniamo ascoltati”. L’affermazione fa riferimento al racconto mitologico – narrato da Virgilio nel secondo libro dell’Eneide – del sacerdote troiano di Apollo, Laocoonte, e dei suoi figli Antifate e Timbreo, assaliti e stritolati da serpenti marini per volontà vendicativa di Atena, che punì l’uomo per essersi opposto all’ingresso del celebre Cavallo di Troia nella città, che attraverso questo stratagemma sarà infine espugnata dai Greci, dopo un decennio di guerra sanguinosa per il controllo dell’Ellesponto.
In altri musei inglesi sono stati oggetto di simili attenzioni Thomson’s Aeolian Harp di William Turner (Manchester Art Gallery), Peach Trees in Blossom di van Gog, The Hay Wain, di John Constable e dell’Ultima Cena di Giampietrino e Boltraffio (alla Royal Academy di Londra) copia di quella di Leonardo.
Le comunità dell’Arte e della cultura, opinion leaders, giornalisti, influencer e leoni da tastiera dei Social e, in generale, la collettività si sono divisi tra chi giudica positivamente queste performances e chi negativamente. Qui ci domandiamo se non siano state rivolte ad un oggetto simbolico protagonista delle loro gesta, ovvero l’Arte, assolutamente toppato.
Che valore possiamo dare a questo loro quesito, “cosa vale di più, arte o vita?”, che parrebbe piuttosto uscire dalla bocca di censori, tradizionalisti se non reazionari, e populisti?
Una grande artista come Marlene Dumas ha detto (Venezia, 2022): “l’arte esiste per aiutarci a vedere di più e non di meno” ; prima di lei, Pino Pascali, nel 1967 affermò: “(…) l’arte è trovare un sistema per cambiare”.
Dunque, pur se in buona fede e a fin di… bene, queste incursioni – che, sia chiaro, non mi scandalizzano ma, semplicemente, mi deludono – sono controproducenti per la causa perché si sono rivolte verso l’oggetto sbagliato (oltretutto, tra le opere d’arte scelte, quelle di van Gogh, così dentro l’università della Natura e per tutta la sua fratturata esistenza bistrattato; e di un protagonista dell’Impressionismo, che patì la reprimenda sociale per la sua rivoluzione visiva e che, anche lui, abbracciò Natura e Luce trasformandone l’essenza nella sua pittura!), anzi: è proprio che non si può ridurre “a ricerca della verità ad oggetto. È esattamente ciò che vuole questo potere, quelle multinazionali” che questi militanti dicono e credono di combattere con tale inefficacia e sicumera.
Meglio sarebbe stato, semmai, un procedere contro filiali di banche, sedi di multinazionali, allevamenti intensivi, disboscamento selvaggio – come ben sapeva la ragazza sull’albero, Julia Butterfly Hill –, industria del lusso – come analizzò lucidamente la canadese Naomi Klein –, l’art System, piuttosto; o spostare la rivalsa su personificazioni di un più preciso potere politico (il neo Re d’Inghilterra, Carlo, per iniziare: ben fatto! [1]).
L’arte ha da sempre avuto e ha i suoi problemi per farsi capire, rispettare, apprezzare, proprio per questo suo essere precognitrice, sperimentale, libera, non merita di vedere aumentate le sue difficoltà in un modo tanto ingenuo.
Non solo: non ha alcun senso nemmeno l’assioma espresso in una delle azioni in musei, cioè “avete più a cuore l’Arte che l’Ambiente” prima di tutto perché un ambito e un amore NON escludono gli altri, poi perché si creano pericolosi precedenti (chiunque, per qualunque motivo, potrà fare la stessa cosa, sfruttando l’Arte per campagne che non è detto siano sempre basate su principi e diritti democratici); infine, perché la dichiarazione tradisce la non pertinenza del pretesto scelto d’imperio per sensibilizzare sul problema.
Per fermare la crisi climatica e ambientale che minaccia la sopravvivenza della nostra e di molte altre specie l’arte non va usata e abusata ma va rispettata e abbracciata perché non si è mai contrapposta alla vita, perché, in sintesi, è “una verifica, un’indagine sulla realtà che cambia continuamente… e l’artista percepisce questi cambiamenti e li ritrasmette nell’opera” (Giuseppe Penone).
Per sapere altro:
Note
1. al Museo delle Cere di Londra, il 24 ottobre scorso, due attivisti di Just Stop Oil hanno lanciato una torta di cioccolato contro le statue di cera di Carlo III e Madame Tussauds per chiedere la sospensione della concessione di licenze e di permessi per l’estrazione di petrolio e gas.
art a part of cult(ure) è il magazine online nato con l’intento di promuovere, diffondere, valorizzare l’arte contemporanea e più in generale la complessità della cultura nelle sue molteplici manifestazioni.
È gestito da un team di donne. Le ragioni della collaborazione tra Kalporz e art a part of cult(ure) puoi leggerle qui.