Il Farm Festival è tornato nel suo habitat naturale

Masseria Barsentum, Putignano (BA), 1-8-9 agosto 2022
In un cartellone concertistico pugliese sempre più denso, almeno nei mesi estivi, il Farm Festival ha saputo conquistare in questi anni un ruolo di primo piano grazie a un’offerta musicale e artistica ricercata, in grado di accogliere alcune fra le più interessanti realtà nostrane e autorevoli nomi internazionali. Per celebrare i dieci anni di storia, il Farm Festival 2022 è tornato a respirare in un contesto più familiare, quello dov’è nato e cresciuto: la masseria. Dopo le edizioni a Masseria Papaperta, azienda agricola situata nel cuore dell’entroterra barese, e la parentesi dello scorso anno all’Ex Macello di Putignano, il Farm Festival 2022 è stato ospitato dalla Masseria Barsentum, gioiello medievale fortificato, immerso in un’oasi di verde popolata da ulivi e dai caratteristici trulli, al confine fra i comuni di Noci e Putignano.

L’altra novità di questa decima edizione è stata la serata preview nella cornice del Parco Archeologico di Monte Sannace, in territorio di Gioia del Colle, fra i resti di quella Thuriae che fu citata da Tito Livio. Il prato, rigorosamente in penombra per proteggere gli scavi, ospitava un palco piccolo ed essenziale, sul quale Checco Curci ha inaugurato l’agosto musicale pugliese con una performance convincente, in un’atmosfera leggera, insieme a un quartetto di musicisti e di fronte a un pubblico in larga parte seduto sul prato a una manciata di centimetri dal palco. Amore, guerra e mitologia coesistono nel songwriting sensibile e delicato dell’artista e professore nativo di Noci e di stanza a Milano, esaltato da un timbro che ricorda Battiato senza imitazioni ostinate e da arrangiamenti curati, aspettando il debutto lungo che possa corroborare le buone impressioni offerte in una fresca serata d’agosto. Erin Lang aka Foundling, poi, ha portato sullo stesso palco un set di un intimismo quasi struggente, le cui coordinate stilistiche sono quelle del dream pop più scarno e sospeso, invitando i presenti a seguirla nel suo lieve racconto di cicli e flussi, di sentimenti e di corpi, di viaggi astrali. La polistrumentista e compositrice canadese, sussurrando al microfono tutta l’emozione per la bellezza del luogo e la bontà di un pubblico rapito e assorto dall’esibizione, si è quindi congedata, cedendo il posto a Taylor Kirk, voce, chitarra, basso e tastiere dei Timber Timbre. Pur approssimandosi a forme più cantautoriali del solito, Kirk è riuscito a restituire gli umori soul/blues profondi e cupi di cui lui e la sua band sono autorevoli portavoce, pescando dall’intera discografia e toccando vette artistico-emotive durante “Velvet Gloves & Spit” e “Lay Down in the Tall Grass”. Pur prive di quella patina da cinematografia dell’orrore rinvenibile fra le pieghe della musica dei Timber Timbre, l’esibizione solista di Taylor Kirk ha saputo conservare tutta la sua forza espressiva anche grazie a un cantato grave e privo di sbavature. Per una parte del concerto, Taylor Kirk ha condiviso il palco proprio con Foundling: i due avevano già avuto modo di collaborare in studio, ma anche la riproposizione di alcuni classici del repertorio del quartetto canadese con i cori e i contrappunti caldi di Erin Lang ha conquistato i presenti. La Farm Music Selection ha mandato in archivio la serata preview del Festival, impreziosita dalla presenza, ormai costante, della compagnia di ballo Eleina D, che durante i cambi palco ha offerto suggestive performance fra gli scavi del Parco sulle note disegnate da Michele Jamil Marzella, trombonista e massimo esperto in Europa di tuba tibetana, giunto alla quinta partecipazione consecutiva al Farm Festival.

Una settimana più tardi, il Farm Festival è ripartito al calar del sole con le carezze nu-folk del cantautore pugliese Grecale, al secolo Andrea Chiapparino, già protagonista col progetto Party Animal, che ha scaldato una serata particolarmente umida sul palco che ha conservato il nome “Dream Stage”. Se nelle passate edizioni si trattava di un palco ricavato sulla parte superiore di un trullo, il nuovo stage dei sogni è collocato lungo un vialetto che si affaccia sul prato dov’era assiepato il pubblico, con un muretto a secco a fungere da transenna. Sul lato adiacente, il Main Stage è stato battezzato dagli Studio Murena, collettivo fondato a Milano, nel 2018, da cinque ragazzi del conservatorio a cui poi si è aggiunta la voce di MC Carma, a dare una sfumatura di (conscious) rap a un progetto che lega nu jazz e post-bop, senza disdegnare architetture funk. Avevamo già avuto modo di apprezzare la solidità del sestetto qualche mese fa, ma l’impressione è che, nel frattempo, il collettivo sia cresciuto ancora: una maturità piena, che possa proiettarli nel gotha delle formazioni più interessanti della loro generazione, appare più che mai alla portata, vista la capacità pressoché innata di tenere il palco e dominarlo: gli Studio Murena, semplicemente, trovano nel live la propria dimensione naturale e non soltanto per l’attitudine da trascinatore di MC Carma. Dopo la parentesi con l’indie rock cantautoriale della giovane artista pugliese Galea sul Dream Stage, i riflettori si sono riaccesi sul palco principale, teatro del concerto dei Post Nebbia. Il quartetto padovano capitanato da Carlo Corbellini ha presentato il terzo capitolo di una carriera discografica già piuttosto prolifica: “Entropia Padrepio”, pubblicato in primavera, è ripartito dalle solide basi gettate con “Prima stagione” e “Canale paesaggi” per proseguire quel percorso di esplorazione di un microcosmo synth pop dalle spesse venature lisergiche. Con i Post Nebbia si è finiti all’interno di un immaginario sottilmente retrò e a tratti anche decadente, dominato da sonorità psichedeliche e oblique disegnate dai dialoghi di chitarra e sintetizzatori che spianano la strada a ritornelli a presa rapida. Poche parole e tanta musica per i veneti, con i classici del repertorio come “Televendite di quadri” e “Veneto d’estate” stipati nell’ultimo scorcio di un’esibizione che ha ribadito come i Post Nebbia siano attualmente una bella speranza per il pop italiano. Archiviata la prima serata con Ivan, (t)rapper monopolitano più o meno idolo di casa e il DJ set di Go Dugong, Masseria Barsentum ha riaperto le proprie porte al crepuscolo di martedì 9 agosto, in una delle giornate più importanti della storia del Festival.

Se, infatti, (ancora una volta) il Farm Festival ha saputo pescare bene fra gli artisti italiani in rampa di lancio, il nome più caldo era inevitabilmente quello dei Notwist, protagonisti del set più lungo di tutte e tre le serate. La storica band tedesca, tornata lo scorso anno dopo sei di assenza, ha portato a Masseria Barsentum una scaletta infarcita di brani estratti proprio da “Vertigo Days”, nono capitolo di una discografia imponente, ma ha raccolto anche il meglio di una produzione corposa e variegata, raccontando tutte le anime di un sound stratificato e ormai sempre più riconoscibile, ma mai davvero prevedibile. In formazione estesa, con sette musicisti sul palco guidati come sempre dalla voce e dalla chitarra di Markus Acher, i Notwist hanno offerto una prestazione maiuscola, anche grazie a un ottimo impianto che ha esaltato la ricchezza di soluzioni della musica dei tedeschi: il kraut come manifesto, più che semplice aggettivo del pop o del rock, aperture post-rock come punto di arrivo di cavalcate che, al loro culmine, sembravano flirtare contemporaneamente con il prog e la psichedelia, ballate dal sapore indietronica per sciogliere la tensione e suggerire quelle ambientazioni filmiche che spesso sono valse la presenza in pellicole varie ed eventuali. I Notwist, alla fine, si sono presi tutto: gli applausi, che spesso cominciavano a scrosciare qualche secondo prima che si fermasse la musica, il cuore e la testa dei presenti da “Into Love / Stars” all’intramontabile e attesissima “Consequence”, arrivata all’apice di un breve bis che ha portato con sé altri episodi centrali di quel “Neon Golden” che tuttora rappresenta l’espressione più fulgida della produzione dei tedeschi. Ma sarebbe più che mai ingeneroso ridurre l’ultima serata del Farm Festival 2022 ai Notwist: se il sound lo-fi ibrido di Marco Fracasia aveva accolto il pubblico sul Dream Stage, Emma Nolde ha catalizzato l’attenzione dei presenti con un live potente e magnetico, confermando le sensazioni già positive derivanti da “Toccaterra”, il suo disco di debutto, in tensione perenne fra attitudine da songwriter e rock d’autore, mentre l’esperienza live dei Lazzaretto è stata a tratti limitata da qualche difetto tecnico. I Lazzaretto sono una grande promessa del rock pugliese: la loro proposta, che riesce a legare in maniera omogenea rarefazioni post-rock e increspature shoegaze, tradisce un afflato sperimentale e un gusto per ricami vagamente trip hop.

L’edizione 2022 del Farm Festival, come sempre impreziosito dalle creazioni del collettivo Fatti Di China, da mostre ed esposizioni che contribuiscono a rendere unica l’esperienza complessiva, si è chiusa con il post punk lo-fi e festaiolo dei Materazi Future Club e l’ormai tradizionale dj set di Rais. Quello appena concluso è stato, probabilmente, il più bello e importante dei dieci Farm Festival realizzati finora: con un’offerta artistica a trecentosessanta gradi e un cartellone ricco, un ambiente caldo e familiare e un’organizzazione sempre pressoché impeccabile, l’evento assurge senza fatica a certezza dell’estate pugliese. E fidelizzare il pubblico, così, è davvero semplice.