GEESE, “Projector” (Partisan, 2021)

New York City da oggi ha una nuova band importante tra le proprie “fila”. Trattasi dei Geese, cinque ragazzi appena usciti dalle scuole superiori ma con le idee chiarissime su come fare musica oggi. Nella nuova scena rock si distinguono da Black Midi e Squid per una scrittura più incisiva con nove brani che si scolpiscono nella memoria, e un’originalità accostabile solo a Dry Cleaning (e Qlowski).

Già la copertina di “Projector” dovrebbe attirare, inspiegabilmente esclusa dalle nomination Art Vinyl di quest’anno. Nasce tutto da un sogno tra perdizione e inquietudine, con l’apporto di re mida Dan Carey in fase di mix: “Rain Dance” muove l’alieno tra ritmi tribali e chitarre impazzite quando “Low Era” getta nel bosco spruzzate di funk notturno e un vortice sonoro à la Television. Riflessive la title track con un’interpretazione magistrale di Cameron Winter nelle vesti di Paul Banks; e “First World Warrior” che ci culla nel viaggio come una “No Surprises” dei Radiohead immersa nello shoegaze.

Winter ha scritto tutte le canzoni di “Projector” e registrato con i chitarristi Gus Green e Foster Hudson, il bassista Dom DiGesu e Max Bassin alla batteria in uno studio casalingo denominato ‘The Nest’ tra il fine scuola e le dieci di sera, perchè poi i vicini avrebbero iniziato a lamentarsi. L’immagine di un rifugio che ci sta stretto, la teenage angst unita all’amore per sperimentazione e poesia, sono mostrate efficacemente in un gioiello melodico come “Exploding House” – “I’m afraid of the world ’cause I don’t know what it might do/and I’m Terrified of you because you’re more than I can bear to lose” – e nei Franz Ferdinand in versione speed-metal di “Fantasies/Survival”.

“Opportunity Is Knocking” sembra per un attimo restituirci gli Strokes degli esordi imponendosi come floor killer dell’album – ma ballereste ancora quando entrano il pianoforte e violini a metà? Spiazzante e magnifica. Eppure non ai livelli di “Disco”, un mantra in 7/4 tra LCD Soundsystem e i Blur di “13”, che affranca le variazioni di stile a un meccanismo di fuga: “I return to the dirt/And then I rise again/Turn the soil over/Close the box I sent“. Come in un diario i Geese si raccontano al mondo, un brano – il loro primo singolo – fondamentale per la scena post-punk odierna.

Alieno ma stranamente familiare nel crocevia tra indie-rock e new-wave, “Projector” è un disco d’esordio con i fiocchi, dove la Generazione Z guarda alle precedenti senza timori reverenziali.

Foto in Home di Daniel Topete

83/100

(Matteo Maioli)