Le non hit dell’estate 2021

L’anno scorso abbiamo inaugurato questo articolo che arriva a estate terminata e che riepiloga quali sono stati i “tormentoni” degli scribacchini durante l’afa estiva. Però la parola “tormentoni” non ci piaceva più, per cui quest’anno abbiamo definito queste canzoni delle “non hit”: non perché non sarebbero potute essere dei successi, ma perché di fatto non lo sono stati.
Cinque kalporziani dunque condividono con voi cinque canzoni che sono rimaste a lungo nei propri click di Spotify in spiaggia, in montagna o semplicemente in città, in queste vacanze comunque ancora in bilico tra ondate covid e “non ondate”.

Altin Gün, “Kisasa Kisas”

Tra i dischi che ho ascoltato di più nel 2021, due sono a firma Altin Gün. Uno è il più compiuto “Yol”, l’altro il più estemporaneo “Âlem” (su Bandcamp e con la finalità di raccogliere fondi per Earth Today). Da questo secondo, uscito in prossimità dell’estate è estratto il singolo e video “Kisasa Kisas”. E niente, siamo lì, sempre nel loro pentolone pop psichedelico al cui interno riversano l’ormai consueta (ma pur sempre personale!) rilettura della musica tradizionale anatolica. Anche in questo caso c’è la collaborazione con Asa Moto alla produzione e al mixaggio.
Credo che rifletta bene l’immagine di “hit non hit”, o di tormentone che invade una dimensione parallela. Parallela come spazio ma anche (soprattutto) come tempo. Capace di invadere e inglobare ciò che incontra, così densa, bradicardica, sfuocata e luminosissima com’è. Non potrei ascoltarla senza occhiali da sole. Oppure lo farei a mio rischio.

(Marco Bachini)

Indigo De Souza, “Bad Dream”

Il secondo album della cantautrice Indigo De Souza, Any Shape You Take, uscito qualche settimana fa per la Saddle Creek, è un concentrato di ispirato songwriting e di nostalgia per il garage rock ‘90s e ‘00s miscelato con una buona dose di contemporary pop esplosivo e luminoso. Se “Hold U” è il punto di partenza perfetto per tuffarsi nel disco, la carta d’identità più veritiera dell’autrice e del suo nuovo progetto, uno dei brani più potenti e convincenti del disco è proprio “Bad Dream”. In esso De Souza dà vita a un pulsare di emozioni furioso e drammatico, del quale ben presto non si riesce a distinguere più l’inizio e la fine.

In “Bad Dream” tutto brucia con, e in, De Souza, nella sua voce a montagne russe infuocata e potente, così simile a quella di alcune sue prestigiose colleghe, da Angel Olsen alla compianta Dolores O’Riordan dei Cranberries. La voce di De Souza può, infatti, cantare di migliaia di situazioni della vita riuscendo a non essere mai prevedibile o codificabile. Chitarre punk rock pungenti e avvolgenti conducono il pezzo verso un inferno di rovi. Pur nella semplicità della sua struttura e della sua progressione melodica, “Bad Dream” pare essere avvolta in una nube di mistero o di sogno, come suggerisce il titolo. “Please, send help to me”, implora, quasi stesse pregando, De Souza nel chorus, e il silenzio improvviso intorno a questa richiesta dura pochissimi istanti e viene immediatamente squarciato dall’ingresso violento degli altri strumenti. “I’m having a hard time sleeping”, continua De Souza: più che a noi parla a sé, mentre il brano precipita sempre di più in un’orrenda visione di paura e di vuoto.

(Samuele Conficoni)

TOKISCHA x ROSALÌA, “LINDA”

Dopo un’estate divisa tra chi è riuscito a divertirsi in situazioni per forza di cose clandestine e tra chi si è visto costretto o ha scelto di rispettare le regole, non ci resta che proiettare le (non) hit estive verso l’autunno. E il 1° settembre Rosalìa è tornata in un brano dembow per cui è impossibile restare impassibili, al fianco della rapper dominicana Tokischa. Registrata in meno di quattro ore, almeno così hanno specificato.
Se andrà male la prossima stagione, siamo certi di recuperarlo nell’estate 2022. Senza ulteriori rinvii.

(Piero Merola)

TURNSTILE, “HOLIDAY”

I Turnstile svolgono oggi una funzione importantissima: stanno dimostrando che non si vive solo di post punk. Nel momento in cui il solo genere che ha dimostrato vitalità è stato quello propugnato da una serie di nipotini dei Fall, la band di Baltimora ha sparigliato le carte ed è arrivata ai cuori di ragazzi che difficilmente avevano fatto la conoscenza di chitarre così potenti, seppure usate su melodie molto catchy. “Holiday” (lasciate stare il collegamento del titolo con le vacanze estive di cui è diventata colonna sonora, perché è una casualità…) mi ha subito riportato a certe robe che si ballavano nelle discoteche rock “ai miei tempi” (Limp Bizkit è una brutta parola?), per cui non posso che complimentarmi per la verve che i Turnstile riescono a trasmettere tutt’oggi.
“Holiday” è diventata dunque una canzone che ho ascoltato in loop in questo scorcio di fine estate (assieme a “Fly Again”, devo ammettere) e che, nella sua freschezza, non potrà che ricordarmela nei prossimi anni.

(Paolo Bardelli)

SHUSHU, “Something You Don’t Need To Know”

Tra le ultime uscite della label di Shangai Genome 6.66Mbp (di cui consiglio sempre a tutti una sbirciatina al catalogo), il disco di Shushu “Sweet Verses Like Dying Roses” è stato un ascolto must della mia estate, in un perfetto equilibrio tra atmosfere elettroniche decostruite e un perfetto utilizzo della forma canzone, tanto che l’ho consigliato pure in un recente #T4ATF.

Tra le tracce dell’EP quella che risalta di più è sicuramente “Something You Don’t Need To Know”, posta subito dopo la tenerissima intro “Me and Mommy Walking” e oggetto pure di un remix che potete trovare in coda al dischetto.

Il brano, scritto dall’autrice e prodotto insieme a Swimful (oltre ad avere il mix di Organ Tapes) trae la sua forza da un arpeggio arpa sul quale si va poi a poggiare la struttra melodico-armonica del pezzo, mentre assenti sono le ritmiche, che lascia l’ascoltatore concentrarsi sulla pura atmosfera, malinconica e sognante, della canzone.

(Matteo Mannocci)