IGLOOGHOST, “Lei Line Eon” (Gloo, 2021)

Il fascino per il folklore sembra più di ogni altra tendenza caratterizzare questi primi anni Venti: la necessità di evocare ecosistemi immaginari di strane e minuscole entità di una tradizione, di riportare a galla il rimosso. Il produttore di Dorset Seamus Rawles Maliagh, in arte Iglooghost, si è sempre adornato di creature mistiche provenienti da altri regni, a partire dal suo primo lavoro “Neō Wax Bloom”, patchwork animistico glitch-hop abitato da piccoli e colorati personaggi. Nemmeno il suo ultimo progetto lo vede solo, alla riscoperta della Lei Music (╰ ⋵ ⋰☗∰፨☼⑇), un sottogenere costruito intorno all’idea di potere convocare con specifiche coordinate sonore entità ultraterrene. L’approccio di Iglooghost alla Lei Music è riflessivo, accademico, tanto da dedicare alla sottocultura un istituto di ricerca: il Glyph Institute. La Lei Music, leggiamo sul sito dell’istituto, è catturabile solo in Lei Disks, circuiti integrati di data dalla forma rettangolare, decorati con iconografia glyph e decalcomanie frenetiche. Lei Line Eon è questi Lei Disks.

Se “Neō Wax Bloom” si muoveva in una spazio schizo-sonoro e ipermoderno, “Lei Line Eon” travaglia in negativo. Il delicato violino di Vivek Menon apre il disco in “Eœ (Disk•Initiate)” mentre udiamo in lontananza gli sfarfallii elettronici delle Lei creatures ad evocare un senso di idilliaca tranquillità, pronta a disintegrarsi in un Maelström di eclettici tintinii. L’album è costantemente lavorato dalle sfumature canore dream-pop di BABii senza abbandonare le propulsioni traballanti e intrecciate di “Neō Wax Bloom” che ritornano in tracce come “UI Birth” e “Pure Grey Circle”. Un ulteriore richiamo alla vena puerile di Iglooghost è l’utilizzo del coro dei bambini della Pie Factory Music in “Zones U Can’t See” e “Amu (Disk•Initiate)”, leggere ninna nanne intonate fra gli sferragli dei beat, così melodiche da farci dimenticare per un momento di star ascoltando delle peculiari unità a disco oblunghe.

“Lei Line Eon” è un disco che dà voce al cuore pulsante e organico del sound di Iglooghost, per quanto alieno. È un ascolto maturo e introspettivo, che conferma a Iglooghost il meritato titolo di pifferaio magico della laptop music.

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70/100

(Viviana D’Alessandro)

Foto in evidenza presente sulla pagina ufficiale bandcamp dell’artista per fini promozionali.