Una top7 alla scoperta di EXWYFE

Si ispira alla malinconia sintetica di Arca e insiem al produttore Giacomo Carlone si è messo in mostra con il nuovo album “Butter”, uscito il 13 novembre su Cane Nero Dischi. Emanuele Ferretti, in arte EXWYFE, è nato a Correggio, Reggio Emilia.
La subcultura emiliana gli ha dato modo di conoscere realtà interessanti in ambito artistico e musicale, non sempre popolari a tutti, e non per forza esclusivamente made in Italy.

Ha studiato pittura a Bologna, dove ha anche vissuto e trovato forti stimoli nella comunità LGBTQ, con cui era a stretto contatto.
A Milano, dove vive da undici anni, ha conosciuto il suo attuale produttore, Giacomo Carlone, con cui collabora ormai da tempo.
Giacomo fa anche parte di vari progetti, tutti eterogenei (Egokid, Flamingo, Arirang).
Nel 2019 il primo incontro con Cane Nero Dischi, che punta sulle tracce nate da questa collaborazione.

Oggi esploriamo le sue ispirazioni, attraverso una top 7 di tracce che hanno ispirato il percorso di EXWYFE.

Erykah Badu, “The Healer”

Sono sempre stato affascinato da questo pezzo. Ha una struttura semplice ma con un groove incredibile, che potrebbe andare avanti per ore. Pochi suoni a volte ti possono sprofondare in una vera e propria dimensione parallela. Anche se il mio approccio alla produzione difficilmente rimane così scarno, questo pezzo è stato un ascolto costante durante la creazione di Butter.

 

Arca, “Now You Know”

Ammetto di essere da sempre una vittima di Arca, del primo disco in particolare. La sua estetica, la decostruzione, ma soprattutto la ricerca dei synth sono state grandi forme di ispirazioni per il mio progetto. Ovviamente EXWYFE non ha pretese così arty, ma a volte la sfida è proprio saper cogliere i concetti utili da musicisti di tutt’altra tipologia, per poi cercare di riportarli in un contesto molto più leggero.

 

Kate Tempest, “Grubby”

Questa è un’artista a cui negli ultimi anni mi sono particolarmente affezionato. Le basi sono sempre molto personali, lo speach è irresistibile e mi ha aiutato a capire come sviluppare un brano come “Attack of lovers”, dove melodia e parlato devono sapersi alternare in modo dinamico ed equilibrato.

 

Azealia Banks, “Luxury”

Devo confessare di essere uno dei più grandi sostenitori di Azealia Banks, spesso considerata troppo antipatica per essere realmente stimata. Questo disco è una fonte incredibile di idee produttive. È del 2014, molti pezzi inclusi anche di anni precedenti, e comunque riesce sempre a dare la paga a tutti gli altri dischi in quanto a figaggine di suono. Poi i riferimenti alla footwork e alla techno anni ’90 non fanno altro che tirarmi ancora più dentro. Se penso alla colonna sonora di una città ideale, io ho in testa di certo questo album.

 

The Blaze, “Virile”

Un gruppo che purtroppo, dal mio punto di vista, sta rischiando di perdersi un po’. Tuttavia quando uscì questo pezzo io me ne innamorai. Il concetto di elettronica reso così intimo, evocativo arrivava a colmare un bisogno enorme in quel periodo. Il suono, che a volte potrebbe addirittura sembrare quello di un demo, in realtà ha un calore piuttosto raro. É l’esempio di come anche uno stile un po’ ricercato, con i giusti accorgimenti estetici, possa diventare virale e assimilabile da tutti.

 

Tyler, The Creator, “Garden Shed”

Questa traccia va a rappresentare una serie di artisti che negli ultimi anni ha saputo influenzare il suono di una generazione intera. Frank Ocean, Tyler, the creator, Sza. Credo che tutta quella scena americana mi abbia aiutato molto a smuovere la mia scrittura, a imparare a concepirla in modo più contemporaneo, a giocare spezzando le tracce, rendendo tutto meno prevedibile e più completo.

 

The Knife, “Like a Pen”

Il mio amore per l’elettronica cantata è tutto nato con questo duo svedese. Fin dagli inizi il loro immaginario e la loro musica mi hanno letteralmente spazzato via. Le atmosfere cupe, il feticismo per certi suoni naif, gli arrangiamenti cervellotici, sono caratteristiche che negli anni hanno costituito un po’ l’abc del mio approccio alla musica. Credo che non potrò mai ringraziare abbastanza Olof e Karin per aver tirato fuori la mia anima buia, ma non troppo. 🙂