La Top 7 dei brani degli Autechre

Il mondo della critica e del giornalismo musicale presenta a volte dei paradossi che, visti dall’esterno, possono sembrare anche ridicoli. Il ‘caso Autechre’, se vogliamo, fa parte di questa cerchia. Spesso quando capita di parlare del duo di Manchester si può sentirsi dire: “ma se sono così speciali, perchè non lo spieghi a parole?”. E in effetti non è facilissimo descrivere la musica degli Autechre, spesso perfino quasi incomprensibile da uno stomaco digiuno di elettronica.

E allora perchè dall’inizio degli anni ’90 il mito Ae ha continuato a proliferare, fino a diventare forse l’unico totem incontestabile della musica degli ultimi venti anni? Nonostante tutte le discussioni finite per replicare suoni di sintetizzatori e navi aliene, o per ipotesi al limite del ‘nerdismo’ più estremo riguardo l’attrezzatura con cui è stato registrato questo o quell’album, gli Autechre ci ricordano quello che, in fondo dei conti, è la musica. Un insieme di suoni, rumori e silenzi, all’interno dei quali le potenzialità di velocità, ritmo, frequenza, tono sono pressochè infinite e in continua esplorazione.
Consapevoli di questo, abbiamo provato a elencare sette dei nostri brani preferiti del duo inglese, freschi di uscita dei nuovissimi dischi “SIGN” e “PLUS”, che trovate elencate qui sotto in ordine cronologico di uscita.

“Crystel”, Artificial Intelligence (1992)

Presente nella storica compilation Warp del 1992, “Artificial Intelligence”, “Crystel” è un brano che potrà sorprendere molti, anche tra le file dei fan degli Autechre. Il perchè è semplice: se storicamente identifichiamo il duo inglese come i profeti dell’automazione legata alla musica, questo pezzo è fin troppo ‘normale’. Una drum machine che ripete ossessivamente i suoi ritmi, ispirati dal panorama hip hop inglese (di cui Sean Booth e Rob Brown erano frequentatori), sintetizzatori con una programmazione a metà tra la club music e il suono che da lì a pochissimo sarebbe diventato iconico per la musica elettronica ‘d’ascolto’: “Selected Ambient Works 85-92” di Aphex Twin, ancora non presente tra le file.
Sempre in “Artificial Intelligence” è presente un ulteriore pezzo degli Autechre, “The Egg”, molto più vicino a quello che saranno le loro produzioni da lì a qualche anno. Ma perchè toglierci il privilegio di sorprenderci?
(Matteo Mannocci)

“Bike”, Incunabula (1993)

“Pro Radii”, Untilted (2005)

“Break”. Una voce aliena, beffarda nel suo risultare quasi disarmante è l’unico momento comprensibile in termini di razionali di uno dei brani più complessi e significativi di “Untitled”. Un’ubriacante, annichilente sinfonia break beat, tra sconnesse ritmiche spezzate, buchi neri dark e quel mood che quindici anni dopo non possiamo che definire “così maledettamente Autechre”. Uno stato mentale, o forse uno stato dell’anima. Mettete via la ragione.
(Piero Merola)

“ilanders”, Oversteps (2010)

Il commento più usato da un neofita alla musica degli Autechre è “sembra musica aliena”. E in effetti “ilanders”, secondo brano del disco del 2010 “Oversteps”, potrebbe ricordare molto una scena tratta da una ‘guerra dei mondi’ con tanto di arrivo del disco volante. Estratto da quello che viene considerato il loro album più melodico (il che è tutto dire), “ilanders” presenta cinque minuti e mezzo di sintetizzatori percussivi dall’enorme potenza sonica, mentre intorno si delinea un panorama scuro e claustrofobico. Sembra quasi un oscuro presagio del decennio che andava a cominciare, con la costruzione delle roccaforti di controllo digitale che hanno caratterizzato la nostra vita negli ultimi anni.