[#tbt] Darcy Clay : il “metal kid” più punk di sempre finito nelle classifiche neozelandesi

Foto di Ej Mathers

Darcy Clay live all’Albert Park nel 1995 per la stazione radiofonica studentesca di Auckland, 95bFM.

Il primo volume della compilation “Nature’s Best : Top 30 New Zealand Songs of All Time”, pubblicata dalla EPIC nel 2002 e contenente – come da titolo – le trenta migliori canzoni neozelandesi di sempre votate dai membri de la Australasian Performing Rights Association *, ha fatto accadere l’impossibile : inserire nello stesso disco “Don’t Dream It’s Over”, hit pop internazionale dei Crowded House, e “Jesus I was Evil” di Darcy Clay, la meteora più splendente della scena lo-fi punk, noise neozelandese.
Un brano, quest’ultimo, in bilico tra “one-hit wonder” e “instant classic” : nel 1997, quasi all’improvviso, conquista l’indice di gradimento delle radio studentesche e scala poi le classifiche nazionali fermandosi in quinta posizione.

“Divenne un successo molto in fretta. L’abbiamo programmata alla radio e la gente ci è arrivata subito. Questo prima che ci fosse Spotify o altro, quindi se volevi sentire quella canzone dovevi chiamare bFM e richiederla. Le persone chiamavano in continuazione. È schizzata alle stelle “
Bill Kerton, direttore della programmazione alla radio studentesca bFM alla metà degi anni novanta – intervistato dal sito Radio New Zealand.

Nell’arco di un solo anno – purtroppo Clay (pseudonimo di Daniel Robert Bolton) si suicida nel marzo 1998 – la Nuova Zelanda è travolta dall’ondata sconvolgente, scatenata dall’EP “Jesus I Was Evil”, raccolta di sei tracce dalla forte impronta iconoclastica ma allo stesso tempo anche con uno strabiliante senso della melodia pop. Lo-fi a metà : un disco registrato tra le mura di casa e quelle dei Progressive Studios (dove è stato registrato buona parte del catalogo della Flying Nun).

“[…] ha registrato almeno la metà del suo EP in studio, e l’altra metà a casa, che avrebbe portato nella sala di controllo per poi mixare. Per le prime sessioni era così sbronzo che non riusciva a concentrarsi su niente. […]Le tecniche di produzione stravaganti, fare cose bizzarri con il suono sono ormai date per scontate, ma lo stava facendo in un momento in cui la maggior parte delle persone non lo era. […] Sarebbe stato circondato da un kit di qualità da studio ovunque, ma si è ridotto, per così dire, a lavorare sul suo Portastudio con le cuffie accese”.
Tim Gummer, proprietario dei Progressive Studios – intervistato da Josef Shaw, Audioculture

Un “metal kid”, fan dei Mötley Crüe, sempre (o quasi) in giro con una tuta spaziale bianca, diventa, quindi, il musicista più punk degli anni novanta neozelandesi : dall’hit lo-fi “Jesus I was Evil” alla stralunata cover di “Jolene” di Dolly Parton; dalla reinterpretazione cheap, svalvolata di “Candle in the Wind” di Elton John (suonata nel concerto in apertura dei Blur nel 1997) rinominata “English Rose” al cowpunk acido di “What About it”.
Darcy Clay è, forse, un unicum : un’eccezione che conferma la regola.


*società di gestione collettiva di diritti d’autore che rappresenta compositori australiani e neozelandesi, parolieri ed editori musicali.

(Monica Mazzoli)