JACCO GARDNER, “Somnium” (Excelsior Recordings/Polyvinyl, 2018)

“Somnium” è il primo album completamente strumentale di Jacco Gardner, nonché terza produzione nella discografia del musicista olandese, tra i nomi più interessanti dell’ondata (neo)neo-psichedelica degli ultimi anni.
La scelta di abbandonare voce e parole potrebbe, a tratti, risultare coraggiosa, non deve però sorprendere : da tempo – già durante la realizzazione del precendete “Hypnophobia” (2015) – Gardner raccontava in varie interviste – si legga quella a Under the radar o Mojo – di aver trovato la sua massima ispirazione nell’elettronica tedesca, nella library music e nelle colonne sonore di Ennio Morricone, Piero Umiliani e François de Roubaix.
È nata, quindi, una passione per la parte più sperimentale ed immaginifica del lato compositivo, che ha trovato terreno fertile negli ultimi due anni del percorso musicale di Gardner : dal progetto elettronico, afro-tropicale (e quasi strumentale) con Nic Mauskovic – l’EP, “Más Profundo” a nome Bruxas – alla sonorizzazione live del Faust di Murnau per la Cinémathèque nel marzo 2017.
Queste esperienze, particolarmente significative, hanno orientato, sempre più, l’artista verso una profonda ricerca sonora, originata dalla voglia di sperimentare e di aver un rapporto – quasi caldo, umano – con i sintetizzatori : “ogni volta ho passato ore a cercare di trovare quello che la macchina voleva da me […], mi sono perso totalmente”, racconta il musicista nel breve documentario “Jacco Gardner’s Somnium – Exploring Hidden Realities”.
“Somnium” ha quindi – necessariamente – un’anima concettuale ben lontana dalla forma canzone pop (psichedelica, nel caso dell’esordio “Cabinet of Curiosities”) e dall’idea di “gruppo che si mette a fare un disco”, bensì è quello che si potrebbe chiamare, a tutti gli effetti, un viaggio creativo in solitaria : solo l’uomo-musicista e i sintetizzatori.
Messe da parte le parole, Gardner – un po’ per caso e un po’ in maniera voluta – si perde – mentre è a Lisbona – nella costruzione di alcune tracce strumentali e sintetiche, per poi, durante una lunga session, tirare fuori un intero disco – come già detto – senza parti testuali : il lirismo lascia spazio alla forza visionaria, lisergica della musica, il pensiero va ai punti di riferimento, che potrebbe essero la scuola prog nord europea e quella kraut/elettronica tedesca – ossia Hoederlin, Bo Hansson, Popol Vuh, Brainticket, Harald Grosskopf, citati come fonti di ispirazione dallo stesso musicista olandese nella playlist spotify Sail Away. Questa componente sognante, avventurosa della musica è, poi, riflessa e narrata dal titolo dell’album, ispirato dal romanzo omonimo scritto da Giovanni Keplero nel 1608 : come nel “Somnium” dello scienzato tedesco (considerato da Carl Sagan come il primo tentativo di opera fantascientifica nella storia della letteratura), anche in quello di Gardner è la mente a viaggiare e descrivere un mondo in bilico tra realtà ed immaginazione, presente, futuro e pianeti da esplorare.
Un esperimento, quello di abbandonarsi completamente al lato strumentale della scrittura musicale, che sembra essere riuscito e si spera che abbia un seguito.

75/100

(Monica Mazzoli)