[Playlist] Gemme nascoste della Stax Records


Le Playlist di Kalporz vogliono essere un’occasione per proporre selezioni di brani a tema. Questo mese il filo rosso concettuale, che lega le scelte musicali, vuole essere la Stax Records, etichetta fondante e fondamentale del Soul americano negli anni sessanta e settanta, nata per puro caso (pubblicando dischi country – Jim Stewart, uno dei fondatori, suonava il fiddle – violino – in band locali) e poi diventata simbolo del  Southern soul e del Memphis Soul (diverso comunque dalle produzioni southern – più raffinato ma pur sempre restio a concessioni al pop) : il tratto distintivo della Stax è, quindi, un suono ruvido, grintoso, legato alle origini rhythm and blues, meno levigato e meno pop rispetto agli standard Motown.
Lo sguardo della nostra playlist non è però rivolto ai classici, storici e storicizzati, dello Stax sound – canzoni come “Green Onions” dei Booker T. & the M.G.’s, “You don’t miss your water” di William Bell o “Respect” di Otis Redding – ma vuole concentrarsi sulle uscite discografiche passate in secondo piano.

La Playlist in breve :

link anche a Spotify (manca “Sweet Sixteen” di Calvin Scott, assente dalla piattaforma di streaming)

Ernie Hines – Our Generation
“Electrified”, primo e unico album – escludendo la produzione discografica anni duemila – del cantante southern soul Ernie Hines, è il classico di esempio di disco che raccoglie meno di quanto seminato: arrangiato da Wardell Quezquerque, Dale Warren, Lester Snell, Tom Nixon e pubblicato nel 1972 dalla We Produce (sussidiaria della Stax), rimane a lungo nell’oscurità fino a quando non viene riscoperto da Pete Rock che nel 1992 campiona l’ottimo episodio funk del disco – “Our Generation” – in “Straighten It Out”.

 

 

Sandra Wright – Midnight Affair

Fino al 1989 “Wounded Woman”, debutto a 33 giri di Sandra Wright, fa parte di una lunga lista – potenzialmente infinita – di dischi che nella storia della musica hanno rischiato di non venire mai pubblicati: il lavoro della Wright è stato – purtroppo – un segreto ben custodito per diverso tempo,  edito dalla Demon Records con un ritardo di quindici anni sulla data di uscita prevista in partenza.
Colpa del destino : nella seconda metà degli anni settanta la Stax, vicina alla bancarotta (avvenuta poi il 12 gennaio 1976), non riesce a dare alle stampe il disco della cantante di Memphis, già esordiente con due 45 giri – “Midnight Affair / Wounded Woman” e “Lovin’ You, Lovin’ Me / Please Don’t Say Good-Bye” – per la Truth (sottoetichetta della Stax). Lo stile è quello classico southern soul,  con leggere sfumature smooth e deep soul.

 

Louise McCord – Better Get A Move On

La Stax ha un’anima gospel grazie (anche) a un marchio come Gospel Truth. Ed è per questa etichetta sussidiaria che Louise McCord  – cantante gospel e tra gli artisti partecipanti al WattStax* – nel biennio 72-74 pubblica due sette pollici a suo nome (tra cui un promo) e un LP tributo a Mahalia Jackson, “A Tribute to Mahalia Jackson” (1972). Tra i brani più interessanti, cantati dalla McCord, si fa notare il gospel funk di “Better Get A Move on”, scritto da un’altra artista Stax, Bettye Crutcher.

 

 

Calvin Scott – Sweet Sixteen
“I’m not Blind, I just Can’t See” (1972), disco prodotto e pubblicato dalla Stax,  è contemporaneamente l’inizio e la fine della carriera discografica di Calvin Scott, agli esordi partner musicale di Clarence Carter e in seguito artista solista, prima con la ATCO (Atlantic) nel biennio 1969-1970 e poi – ovviamente – con la Stax. Il debutto su 33 giri passa però inosservato, poco pubblicizzato e ben presto dimenticato. E Scott – cantante e pianista – abbandona l’ambiente musicale. Restano, in ogni caso, le canzoni prodotte da Clarence Paul (storico produttore di Stevie Wonder) : piccoli classici soul perduti che aspettano solo di essere (ri)ascoltati. È il caso di “Sweet Sixteen”.

 

Darrell Banks – Never Alone
La parabola musicale di Darrell Banks è breve come un arcobaleno dopo la pioggia. Nel giro di quattro anni – dal 1966 al 1970 (anno della morte di Banks) – il raggio della voce del musicista, nato nell’Ohio e cresciuto a Buffalo (New York), illumina il mondo del Soul non riuscendo però a catturare l’attenzione del grande pubblico : la produzione discografica – numerosi singoli e due LP – non raggiunge le classifiche ottenendo vendite terribilmente esigue. Il desiderio ardente  di farsi ascoltare è però grande e forte. Parlano i titoli dei due 33 giri: quello del primo  – “Darrell Banks Is Here!” (1967) – è un urlo di disperato; quello del secondo – “Here to stay” (1969) – sottolinea la consapevolezza di chi sa di aver tutte le carte in regola per poter far brillare la propria stella nel firmamento soul, “qui per restare”. “Never Alone”, tra i brani contenuti nell’ultimo lavoro discografico di Banks, è un piccolo gioiello di canzone che incarna alla perfezione l’anima dell’ultimo Darrell Banks prodotto da Don Davis, produttore di stanza a Detroit ma fortemente voluto dalla Stax : una sintesi perfetta tra il suono di Detroit (quello della Motown, della Thelma Record, della Ge Ge Record Co. ecc. ) e quello di Memphis.

 

Prince Conley – I’m Going Home
Prince Conley è autore di un unico 45 giri per la Stax, che nel 1961 si chiamava ancora Satellite. Il lato A – “I’m Going Home” – segna l’esordio in Stax dello storico session man-chitarrista Steve Cropper (e anche componente dei Booker T. & the MG’s, backing band di molte produzioni dell’etichetta di Memphis). E contiene in nuce tutti gli elementi caratteristici dei classici Stax : i fiati, l’organo che entra di soppiatto quasi a fine brano.

 

 

 

The Cobras – Restless

The Cobras, progetto estemporaneo  della sezione ritmica dei Mar-Keys (creatori di numerose hit in studio) – Steve Cropper, Donald “Duck” Dunn, Terry Johnston – pubblica un unico 45 giri nel 1964 : il lato A, “Restless”, è un brano sui generis considerando le sonorità delle produzioni in casa Stax. Trattasi di un episodio surf rock (quasi alla Link Wray), scritto durante gli anni del liceo, quando Cropper, Dunn e Johnston provavano nel garage di Jim Stewart (fondatore della Stax insieme alla sorella Estelle Axton) o a Brunswick (prima sede della Stax (ancora Satellite), antecedente al quartiere in  926 East McLemore Avenue a Memphis nel vecchio Capitol Theatre). Steve Cropper – nelle liner notes di “Complete Stax Volt” – ricorda : ” ‘Restless’, in verità, è stato scritto quando eravamo al liceo. Ne abbiamo fatto una demo nel garage di Jim o quantomeno a Brunswick,Tennessee.  Era una sorta di caricatura di un tipo di idea alla Link Wray. Penso che volessimo solo soddisfare un po’ i nostri ego. Dicevamo semplicemente, “Okay, bene, vuoi fare questo, vai a suonarlo. Siamo andati a incidere queste cose e poi cosa fai,  le lasci sopra un ripiano e te ne dimentichi? No, le abbiamo uscite fuori.”.

 

John Gary Williams – The Whole Damn World is Going Crazy 

 John Gary Williams, componente del gruppo vocale The Mad Lads, nel 1972 intraprende la carriera da solista e nel 1973 pubblica il primo e unico LP a suo nome, l’omonimo “John Gary Williams”. L’album, come spesso accadeva alle produzioni Stax nella prima metà degli anni settanta, sparisce presto dai radar e le ballate d’amore, con arrangiamenti d’archi sopraffini in stile Chicago Soul (più che Southern Soul), e il groove del singolo “The Whole Damn World is Going Crazy”, cadono nel (quasi) oblio. Ad oggi il disco non è stato mai ristampato.

 

 

Joe Hicks – Rusty Ol’ Halo

Joe Hicks, originario della California e amico di  Sly Stone e di Bobby Womack, lavora insieme ad entrambi : con il primo per la produzione e scrittura del singolo “I’m Goin’ Home” /“Home Sweet Home – Part II” (1969 – pubblicato dalla etichetta Stone Flower), con il secondo per la composizione di tre brani, “Simple Man”“Thing Called Love”  pezzo scritto da Hicks insieme a E. Wright per l’album di Womack “Understanding” – e “Ruby Dean”.  Quest’ultima canzone – già edita nel disco (già citato) di Womack – viene registrata in una nuova versione dal chitarrista e cantante californiano per il suo LP da solista, “Mighty Joe Hicks” (1973), e insieme a “Rusty Ol’ Halo” è tra le vette più alte della produzione (povera – qualche singolo e un album) discografica di Hicks, che si caratterizza per la follia eclettica di passare da un genere dall’altro : dal blues al funk (a tratti psichedelico).

Lou Johnson – Transition

Lou Johnson, ex componente del gruppo vocale The Zionettes , per il suo secondo LP, “With You in Mind”(1971) fa le cose in grande: si fa produrre e arrangiare le canzoni da un maestro della musica black,  Allen Toussaint. Nonostante ciò il successo commerciale, come nel caso del disco precedente “Sweet Southern Soul”(1969), non arriva. Anche se il talento c’è tutto:  “Transition” è un piccolo capolavoro. Otto minuti di viaggio sonoro : canzone dalle mille sfaccettature, sfumature, divisa in segmenti che si sovrappongono e creano un climax in crescendo. Piano, sitar, archi e fiati – pezzi di un puzzle – che creano uno scenario magico e oscuro.

 

 

*WattStax ,raduno musicale tenutosi il 20 agosto 1972 – spesso definito la Woodstock nera – al Los Angeles Memorial Coliseum per commemorare il settimo anniversario delle rivolte razziali di Watts (quartiere di Los Angeles).

(Monica Mazzoli)