HOLLIE COOK, “Vessel Of Love” (Merge Records, 2018)

Hollie Cook (classe 1989) è la figlia di Paul ‘Cookie’ Cook, il batterista dei Sex Pistols, e di Jeni, backing vocalist per i Culture Club. Il suo padrino è Boy George. Con queste premesse, che si avvicinasse alla musica una volta cresciuta diciamo che fosse quanto meno inevitabile. Se poi come nel suo caso quella che si può considerare una attitudine ereditaria, è accompagnata anche da talento allora possiamo dire che in questo caso specifico il destino si è compiuto.

Del resto Hollie è sulle scene già da qualche anno, quando nel 2005 ha preso parte come backing vocalist alla reunione delle Slits, la storica band punk capitanata dalla carismatica Ari Up. Una esperienza che ha proseguito fino al 2010, prima di intraprendere un percorso solista e orientarsi verso sonorità pop reggae e dub con la pubblicazione del suo primo LP eponimo e che le ha subito garantito una certa fama in modo particolare in Inghilterra oltre che un certo seguito.

Dotata di una personalità carismatica e affascinante, Hollie ha finora rilasciato due LP e si prepara a rilanciare pubblicando il suo terzo album in studio, “Vessel Of Love”, in uscita il prossimo 26 gennaio 2018 via Merge Records. In questa occasione Hollie si è avvalsa della collaborazione di un producer scafato come Martin Glover aka ‘Youth’, che ha voluto descrivere il sound delle canzoni del disco come intelligente e allo stesso tempo combinato con una sensibilità pop raffinata e vibrante. La stessa Hollie Cook nel definire il suo sound ha più volte adoperato la definizione ‘tropical reggae’, in riferimento a quelle sonorità più gioiose e solari e che guardano più a una certa tradizione pop degli anni ottanta tipica del melting-pot della scena londinese di quegli anni, che a dei big del genere reggae tradizionale come Bob Marley oppure al movimento rastafariano.

“Vessel Of Love” si può considerare di conseguenza come un lavoro non propriamente originale o innovativo, ma forte di una produzione di qualità e considerando comunque la bravura e la presenza scenica di Hollie, lo si può ritenere di sicuro effetto per chi ricerca sonorità più semplici e meno cerebrali.

Emiliano D’Aniello

54/100