PALE HONEY, ‎”Devotion” (Bolero Recordings, 2017)

I tempi di Ikea-Pop, la rubrica kalporziana di Piero alla ricerca delle eccellenze svedesi di fine Anni Zero che ha anticipato lo scoppiare di molti fenomeni (per esempio Lykke Li), sono finiti da un pezzo, ma evidentemente in Svezia non si sta a dormire.
“Devotion” – seconda prova del duo di Göteborg – sfoggia una band al top nel suo abito migliore: una vena melodica ben definita (in cui gli svedesi sono spesso maestri), dei riff di chitarra da far invidia, degli spazi scuri da riempire. Tuva Lodmark (chitarra, voce e scrittura dei pezzi) e Nelly Daltrey (batteria) danno l’idea di funzionare perché sono quel tipo di musicisti (in questo caso, donne) a cui piace suonare insieme e bere birra. Che poi guardi le foto del loro blog e le leggi qualche loro intervista e capisci che è proprio così: vanno in tour, si divertono e si scolano delle pinte.

Quindi non è particolarmente importante che la loro musica sia più da inquadrarsi nei ’90 o negli inizi ’00 (e quindi un po’ fuori appeal) per l’approccio di hit fatte apposta per discoteche-rock che non esistono più (“Get These Things Out Of My Head”) o in partenze à la White Stripes (“Someone’s Devotion”): tutto ciò è fatto all’interno di un progetto dall’ambientazione grezza e sufficientemente dark, con vocazione pop senza scendere a compromessi. La scrittura è di pancia anche se la confezione è ben rifinita.

Vi è un solo dubbio che sorge dopo aver ascoltato un album così ben fatto come “Devotion”, e deriva dall’essere le Pale Honey un duo chitarra-batteria: come sarà la resa live? Ho la teoria che un gruppo lo si conosca realmente solo dal vivo, nel bene e nel male, per cui una riproposizione manchevole di questo gioiellino dovuta alla limitatezza dell’essere sarebbe davvero un peccato. Dai video postati su YouTube (vedi ad esempio “Lessons Learned” dalla loro esibizione ad Helsinki lo scorso 22 novembre) si può verificare che nella dimensione live alle due si aggiunge un chitarrista ma l’impressione complessiva è un po’ incerta. Lo si immaginava, “Devotion” è molto ben registrato e prodotto, e i concerti sono un altro discorso. Ma qui in sede di recensione scriviamo dell’album, e su questo delle riserve non ce ne sono.

Eventualmente, le stroncheremo poi in un live report.

78/100

(Paolo Bardelli)