M¥SS KETA, “Carpaccio Ghiacciato” (La Tempesta, 2017)

Chiariamo immediatamente una cosa: chi scrive stravede per M¥SS KETA, nutre per lei sentimenti sinceri, profondi: è mosso da un amore forte, molto più che platonico, direi anzi un vero e proprio amore inguinale. Il giudizio di chi scrive, quindi, non può non tenere conto di tutto ciò.

Detto questo, nel recensire “Carpaccio Ghiacciato” (Tempesta Dischi in collaborazione con Motel Forlanini) chi scrive ha dovuto per forza di cose abituarsi a questa M¥SS KETA summer version, e gli ci è voluto un po’. Quest’estate «la gran contessa, sacerdotessa, la prima donna a dire la messa» si è presentata alla prova costume con una nuova veste, e ha stupito. Innanzitutto perché il Burqa non è più di Gucci ma di Fendi, e a questo cambiamento fondamentale nel dress code, si accompagna un fisiologico e naturale cambiamento sul piano musicale, arricchito dalle collaborazioni (Unusual Magic, Populous, Riva e Carlo Alberto Porrini) che accompagnano i 5 brani dell’EP. Scordiamoci le ritmiche aggressive e i suoni acidi del debutto, scordiamoci l’angelo con gli occhiali da sera che cerca di ricostruire i fili della sua riscossa in una Milano romanzata a dovere. Superata la bufera mediatica che l’aveva investita, M¥SS KETA è andata in vacanza, e se la scialla un po’. Le melodie e gli arrangiamenti sono perciò più sinuosi e raffinati, meno aspri rispetto al primo album, si potrebbe dire più estivi, quasi da ottantone revival disco, con i suoni patinati e abbronzati come le zinnone della Barba D’Urso nel pomeriggio domenicale di Canale 5. Roba figa come il panico insomma, forse anche troppo e a questa nuova veste, chi scrive, si è dovuto perciò adeguare gradualmente, abituato com’era a quel modo di fare diretto ed esplicito delle ragazze di Porta Venezia. Intendiamoci, niente di traumatico: la voce di M¥SS KETA è sempre la stessa, da erezione continua e costante, solo che le liriche sembrano aver perso un po’ di quell’irruenza, di quella faccia da culo (nascosta dietro al Burqa, of course) dell’esordio.

Il primo brano, per esempio, “Servizio in Camera” (prodotta da Unusual Magic), malgrado il ritmo sincopato e i synth avvolgenti, risulta un po’ anonimo, e nonostante M¥SS Fuckin’ KETA voglia trasportarci in un’unica destinazione, il piacere, il flow non la sostiene: «il mio conto è molto caro/lo vedi e chiami San Gennaro» è una rima degna di un Massimo Boldi che impreca in un improbabile napoletano dentro ad un probabilissimo film dei Vanzina, “Vacanze alla Gaiola”, nella scena in cui riceve il conto dell’albergo senza esser riuscito nemmeno a bombarsi la tipa che era con lui. Ma d’altronde M¥SS KETA mette tutti in guardia: «non offro sesso/anche se sembro una escort».

Decisamente diversa l’atmosfera di “Xananas” (prodotta da Populous), con la base ritmica che nasconde un reggaeton ansiolitico che ti fa muovere il culo, che tu ne abbia voglia o no: «è un must, ma non si dice». Concept GHB e felicità forzata a suon di Lexotan per un’estate in cui «non capisco se la noia è il mio boia o la mia paranoia» ma dove non c’è alcun nichilismo: Prada batte Nietzsche, perché «è sempre l’ora per un po’ di…»

“Courmayeur” (prodotta da Riva) è un’altra figata di pezzo, scanzonatissimo e paraculo come pochi, con quelle facce stanche e quell’allegria ignorante e dominante di chi sogna tutto l’anno un weekend a Courma con la cumpa all’insegna di un’opulenza day to night: «oggi è giovedì e domani Courmayeur!»

Il livello si abbassa notevolmente con “Mediterraneo” (prodotta, anche questa, da Unusual Magic), canzone piatta e monotona come una crociera col fidanzato: anche se non è un reato, è comunque una noia. Brano non pervenuto.

Si chiude in bellezza, invece, con “Bastarda da Starbucks” (prodotta da Carlo Alberto Porrini). M¥SS KETA non teme nulla, alza la posta, osa, in pieno stile Kanye West. La stronza arriva al Grand Hotel ed è in formissima: «in barca a vela/con D’alema/mi spalma la crema… chiamami scema!». Siamo ad un altro livello, ad un nuovo livello (come A$AP Ferg). Il testo è una miniera di attitudine, di mentalità, di prepotenza e di idee chiare: «non cerco me stessa, voglio un panino!».

In definitiva, insomma, anche se in vacanza, anche se con i ritmi rilassati e le melodie rallentate dalle temperature estive, la ragazza di Porta Venezia mostra ancora una volta che ci sa fare, e “Carpaccio Ghiacciato” è un esperimento tutto sommato riuscito. Si attende, tuttavia, la prova di maturità del secondo LP, dove ci saranno ancora molte cartucce da sparare e molte American Express da strisciare. Chi scrive ne è più che sicuro.

68/100

(Gianpaolo Cherchi)