NorthSide Festival NS17 Ådalen, Aarhus (DK), 9-11 Giugno 2017

“Festival bagnato, festival fortunato”, dicevano… io dico “festival bagnato, festival infangato!”
Quest’anno il tempo non ha graziato il NorthSide Festival, evento musicale dell’estate di Aarhus, e tutto il weekend è stato una sfilata di stivali e ponchos, scivolate sul fango, sorrisi e nonostante tutto tanta voglia di divertirsi e ascoltare tanta musica.

Musica: sono passati giorni dal festival e nonostante il susseguirsi di nomi più o meno accattivanti – Run the Jewels, The Afghan Whigs, Frank Ocean, Richard Ashcroft, Prodigy tra gli altri – l’unico concerto cui sembra di aver assistito sono stati i Radiohead. Perchè è stato un concerto massiccio, perchè è stato atteso per ore sotto alla pioggia, perchè, ammettiamolo, i Radiohead anche a 20 anni dal loro album più famoso, sono un gruppo rock ancora due spanne sopra tutti gli altri.

Ma non corriamo avanti. Questo festival è stato protagonista anche di un altro attesissimo evento, il primo giorno: Frank Ocean. Si, proprio lui, il grande paccaro dell’inizio stagione festivaliera (Hangout, Sasquatch! e Primavera Sound) finalmente si è palesato alle folle, anche se con ben 45 minuti di ritardo sull’inizio del suo set. Spoiler alert: la mega produzione consiste in un sistema di casse disposte a raggiera intorno ad una piazzola a metà passerella che si estende dal palco. E da un palo telescopico con sei fari e una mirrorball in cima. Punto.
Dopo le prime due canzoni la gente ha iniziato ad andarsene lasciando solo i fan più tenaci ad assistere all’intera performance, da cui sono scaturite opinioni contrastanti, ma per la vostra fedelissima quattro canzoni sono state sufficienti per far sì che il bilancio tra interesse generato dal concerto e andarsi a mettere qualcosa di asciutto propendesse per la seconda opzione.

Tra il venerdì, i cui momenti più interessanti sono stati Run the Jewels e The Afghan Whigs, e i Radiohead domenica notte, è tutto un fast forward costellato dal revival brit pop di Richard Ashcroft – è sempre emozionante sentire “Sonnet” o “The Drugs Don’t Work” dal vivo – e dall’elettronica dei Prodigy, che alla soglia dei cinquant’anni ancora picchiano come dei fabbri.

E poi è arrivata la domenica. Obiettivo: essere il più vicino possibile al palco. Prezzo da pagare: ore di attesa e un’ora e mezza di concerto di James Blake con dei bassi raccapriccianti e lui che non ha sorriso nemmeno mezzo minuto. Ragazzo mio, capisco che era una brutta giornata, ma già la tua musica non è un distillato di allegria, se ti ci metti anche te col muso lungo, per questi Danesi già tendenti al depresso è proprio la fine!

Comunque, il tempo è in qualche modo passato fino ad arrivare a loro, le star del weekend.
Aspettative altissime, soprattutto memore della performance al Primavera Sound dello scorso anno, e per nulla deluse. Si, è vero che avevano due ore e quarantacinque minuti di slot in cui poter suonare e ne hanno usate a malapena due, la mancanza del secondo encore è stato come andare ad un ristorante tre stelle Michelin e non prendere il dolce, ma a ripensarci è stato comunque un concerto luculliano.
Thom Yorke è un folletto sul palco, magnetico con il suo carisma e magnifico polistrumentista. La scaletta copre tutta la carriera del gruppo, dal rock della prima trilogia con “Street Spirit” e “Karma Police”, alla sperimentazione della seconda trilogia con “Everything In Its Right Place”, “There There” e l’ipnotica “Pyramid Song”, alle atmosfere sognanti degli ultimi lavori come “Daydreaming” e “Weird Fishes/Arpeggi”.
Il cambiamento di attitudine visto al Primavera nei confronti del pubblico è rimasto inalterato, non più un gruppo che è quasi infastidito dal fatto che la gente conosca le loro canzoni e non possa fare a meno di invocare la pioggia a venire giù sul ritornello di “Paranoid Android”, ma un gruppo in pace con se stesso, che attinge energia da questi cori da stadio e accetta il suo status di rock band planetaria.
Domenica sera, il piccolo campo infangato a ridosso del centro di Aarhus era il posto dove essere: perchè c’era musica, perchè c’erano emozioni, perchè c’erano i Radiohead.

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(Francesca Garattoni)