[#tbt] La Top 7 delle canzoni dei Litfiba ’83-’89

La scorsa settimana l’amico e grandissimo musicista Alberto Mariotti (in arte, per i più disattenti, King Of The Opera, ex Samuel Katarro) ha scritto un articolo su Lungarno avente ad oggetto le 10 migliori canzoni dei Litfiba. E, come nelle migliori catene di S. Antonio, oggi nel #tbt settimanale mi è venuta voglia di rispondergli in tipico Kalporz-style, ovvero con una Top 7. In realtà non si tratta di un articolo in contrapposizione, bensì in continuazione del suo discorso, perché molte delle intuizioni di Alberto sono condivisibili. In primo luogo mi addentro nello stesso perimetro mantenendomi nel decennio ’80: lui lo fa perché – argomenta – ritiene “le prime produzioni infinitamente superiori”, io invece perché – semplicemente – considero la produzione degli Anni Novanta totalmente diversa (ed inferiore, certo, in certi punti agghiacciante, ma alcuni passaggi e alcune canzoni dei Litfiba-Anni90 potrebbero essere comunque degne di approfondimento). Secondariamente il suo gusto va a cogliere pezzi su cui concordo ma che mi era sempre parso essere considerati – anche dai fans – brani minori, ma che minori evidentemente non sono. Se leggerete fino alla fine scoprirete quali.
Però ci sono delle differenze. Mi sono interrogato sul taglio da dare a questa top, perché a mio parere non bastava riepilogare le canzoni asseritamente “più belle”, bisognava collocarne alcune sotto un punto di vista preciso, visto che oramai di Litfiba se n’è parlato pure troppo. Ebbene, un riflettore corretto credo sia l’attualità: escluderei dunque tutte quelle canzoni molto importanti ma che sono tipicamente il manifesto del rock italiano (sempre con le ibridazioni dei Litfiba, ma pur sempre rock italiano). “Eroi nel vento”, “Tziganata”, “Desaparecido”, “La Preda”, “Apapaia”, “Resta”, “Amigo”, e si potrebbe continuare, sono fondamentali per il genere, e rimarranno tali, ma sono anche pezzi decisamente inseriti nel loro tempo, e che ascoltati oggi non possono che essere figli di quegli anni. Forza e limite: forza perché sono i massimi picchi di quel genere in quel periodo, limite perché oggi potrebbero suonare un po’ datati (come suoni e come scelte d’arrangiamento).
Andare alla ricerca delle canzoni che suonino più attuali significa dunque pesare le sonorità oggi oggetto di reprise, l’universalità delle forme usate e l’essenza precorritrice insita in certe direzioni, che non invecchiano il substrato melodico. E, in quest’ottica, ho dovuto valutare sorprendentemente in maniera diversa alcune canzoni. Ma ho scritto pure troppo, iniziamo.

7. “Onda Araba” (da “Transea” EP, 1986)

Pare banale dirlo, ma “Onda Araba” raggiunge un picco di meticcio italo-mediorientale non più superato, e che sarà inevitabilmente lasciato all’integrazione tra cultura musicale italiana e seconde generazioni arabe in Italia. Magari sarà hiphop, ma se fosse rock questa canzone appare come imprescindibile lente di ingrandimento.

6. “Pierrot E La Luna” (da “17 Re”, 1986)

Trattasi della mia canzone preferita del primo periodo dei Litfiba, che però in ottica di attualità perde un po’ di smalto. In ogni caso rimane immutata anche oggi l’ambientazione onirica, volendo esagerare “alla Fellini”. E i sogni – si sa – non passano mai di moda.

Au clair de lune
Mon ami Pierrot
Prête-moi ta lume
Pour écrire un mot

5. “Istanbul” (da “Desaparecido”, 1985)

Già oggetto di approfondimento nella Top 7 dei Confini (tra Oriente e Occidente) da parte del “collega” Mannocci, non ho molto da aggiungere. Dirò solo che l’ho inserita perché l’afflato rilassato della strofa ma soprattutto il synth utilizzato per il riff danno una conformazione tipicamente wave che è oggetto di varia reprise in questi anni. Ma sarò più preciso nella canzone al 2° posto.

4. “Sulla Terra” (da “17 Re”, 1986)

“Sulla Terra” è un puro pop di matrice scura che la rende immune al trascorrere del tempo. Ovviamente per le tematiche (“bestie in guerra sulla terra”, quando ero piccino credevo che il mondo si sarebbe avviato, naturalmente, ad una tendenziale pace generalizzata… quanto mi sbagliavo!) ma anche per l’arrangiamento pop di chitarra di Ghigo e tutto il rimanente arrangiamento fatto di inserti raffinati su cui si eleva il quasi-assolo di basso di Maroccolo. Forse il pop non può essere dark, ma il retrogusto amaro è l’anima dei nostri giorni.

3. “Lousiana” (da “Litfiba 3”, 1988)

E’ incontrovertibile: l’incedere di Ringo è veramente quello di un treno. Mamma mia, Ringo, che classe. Qui i Litfiba si ispirano evidentemente alle atmosfere di “Last Train Home” del Pat Metheny Group (dell’anno prima, 1987), e creano la loro canzone più lontana dai loro territori musicali usuali, e al contempo forse la più universale.

2. “Versante Est” (da AA.VV., “Catalogue Issue”, 1984)

Ho già scritto più e più volte sul fatto che la recente reprise dei suoni degli anni ’80 si fonda in realtà solo su un riflesso distorto di quelle sonorità, e soprattutto è una similitudine alterata di alcuni anni (tra il 1980 e il 1984, per la precisione). Massimo esempio di questo revisionismo è, nella mia accezione, la colonna sonora di “Stranger Things” dei S U R V I V E, con quell’elettronica magniloquente (e per alcuni versi pacchiana) che solo in minima parte dominava i suoni degli anni ’80, certamente non di quelli del secondo lustro. Ebbene, in “Versante Est” invece Aiazzi usa proprio quei synth oggetto oggi di retrospettiva (rivisitata) che conferiscono una cornice socialmente accettabile in logica di “orecchie odierne” ad un pezzo che era, e rimane, bellissimo (e con un ritornello epico splendidamente nostalgico).

1. “Pioggia di luce” (da “Desaparecido”, 1985)

Prima di riapprocciare l’ascolto di tutti i primi dischi dei Litfiba non pensavo che l’esito fosse questo, e invece è così. “Pioggia Di Luce” ha una raffinatezza che la rende fuori classifica, perché siamo dalle parti di un pop italiano d’autore che ha attraversato i decenni, e sempre li travalicherà. Un Aiazzi cristallino, un imponente e preciso Maroccolo, un inserto elegante di Hanno Rinne, definiscono quella che è – con il mio orecchio di oggi – la canzone meno invecchiata di tutto il repertorio dei Litfiba. La finezza e ricercatezza non erano caratteristiche mi interessavano molto quando pogavo con i punk-mods al palazzetto di Correggio nel dicembre 1988 sotto un Marok che tracannava all’alpina da una bottiglia di Jack Daniel’s (“Peste Tour”, dopo “Litfiba 3”), ma – tant’è – per fortuna “per ogni cosa c’è il suo momento”.

(Paolo Bardelli)