DEPRODUCERS, “Botanica” (Ala Bianca, 2017)

Uno dei grandi problemi della contemporaneità è quello dell’informazione. Internet, grazie alla sue infinite possibilità di ricerca e diffusione delle notizie, ha creato fenomeni molto spiacevoli di recenti, come le recenti crisi complottiste su larga scala e il più grande lascito del 2016, il concetto di post-verità.

Ma non solo il mondo delle news è stato colpito dal problema dell’infinità vastezza e accessibilità del web; anche la parte “enciclopedicA” (permettetemi il termine) dell’Internet è stata svalutata da un accesso alle informazioni dedito ad una conoscenza “pret a porter”.

Ma dopo ogni collasso c’è sempre una ripresa, e quindi c’è sempre motivo di essere ottimisti per il futuro.
Una delle diverse “sacche di resistenza” culturale del momento si esprime in musica, o meglio: “musica da conferenza”. Parlo dei Deproducers, e non sono proprio degli sbarbini di primo pelo: dietro a questo nome si nascondono infatti diversi musicisti e produttori tra i più interessanti del nostro paese: Gianni Maroccolo, Vittorio Cosma, Max Casacci, Riccardo Sinigallia.

Dopo il debutto del 2012 con “Planetario”, una raccolta di brani a tema stellare realizzati con la partecipazione del direttore di Planetario di Milano Fabio Peri, e un paio di colonne sonore, arrivano al secondo disco in studio con “Botanica”, per il quale si sono serviti della consulenza tecnica di Stefano Mancuso, professore all’Università di Firenze ed esperto di neurobiologia vegetale.

I brani contenuti nel disco sono 11, dove vengono affrontate tematiche legate al mondo vegetale con una leggerezza inaspettata, che permette anche a chi non ha nessuna confidenza in materia (e qui alzo la mano) un primo approccio stimolante.

Questo perchè la carta vincente di “Botanica” è la musica. Tanta, bellissima, complessa ma mai pesante: le undici composizioni del disco potrebbero benissimo meritare una pubblicazione a sè stante come strumentali e figurare benissimo.

Così passiamo da una prima introduzione sul “Pianeta verde” e gli alberi ad una analisi più approfondita di vari contesti e situazioni legate agli argomenti più vari: dalla natura ‘psichedelica’ delle piante (“Natura psicoattiva”) all’intelligenza delle piante (“Società vegetale”) in cui archi orientaleggianti si incontrano a percussioni simil-Reich.

Ma i due punti più alti del disco sono forse “Global Seed Vault”, dove si racconta dell’omonimo bunker ideato per la sopravvivenza di tanti importanti semi esistenti e di come siano importanti per la vita del nostro pianeta; e ‘Disboscamento’, dove la musica cerca di emulare il suono crudele di una foresta che viene abbattuta.

Ascolto fortemente consigliato a tutti: agli amanti delle belle composizioni, agli appassionati del mondo vegetale, a chi non sa niente di tutto questo. Nessuno rimarrà deluso, tutti ne sapranno un po’ di più.

73/100

(Matteo Mannocci)